2015-11-08 09:18:00

Papa a Firenze. Piovanelli: la città deve testimoniare Cristo


"La pienezza dell'umanesimo è nel cristianesimo". L'arcivescovo emerito di Firenze, card. Silvano Piovanelli, sottolinea come l'Umanesimo abbia avuto il suo centro culturale a Firenze. Città che ancora oggi può svolgere un ruolo di raccordo tra umano e divino, tra laicità e cristianesimo. Alla vigilia dell'arrivo di Papa Francesco a Firenze, martedì prossimo, e a 29 anni dalla visita di San Giovanni Paolo II, Luca Collodi ha incontrato l'arcivescovo emerito del capoluogo toscano, il cardinale Silvano Piovanelli:

R. – Il nostro Papa Francesco sicuramente sarà molto sentito. Papa Francesco ha un impatto positivo con la gente: sa mettersi subito in rapporto, e quindi sarà sicuramente un fatto grande.

D. – Come è cambiata la comunità cristiana di Firenze?

R. – Si fa male a dirlo, si fa male… Sicuramente, il laicismo si impone in qualche maniera. E quindi sicuramente, da un punto di vista numerico, abbiamo una diminuzione, però – e questo bisogna ricordarselo sempre – non è il numero che conta. Sappiamo bene che quello che conta è lo spirito. Se ci si ricorda dei primi cristiani nelle città, erano dei gruppetti, eppure brillavano in un modo tale da dar luce a tutti. Io spero che sia lo stesso anche oggi: non è una questione numerica, è una questione di spirito, l’accoglienza dello spirito, di impegno personale.

D. – Firenze è la città dell’Umanesimo, che ha unito il cielo e la terra, il divino e l’umano. Nell’esperienza cristiana, è ancora attuale questo periodo culturale?

R. – A me sembra che questo sia molto importante: la pienezza dell’umanesimo è nel cristianesimo. Perciò l’uomo "totale" – si direbbe – l’uomo perfetto, è il Signore Gesù: Lui è veramente l’ideale dell’uomo a cui bisogna guardare, a cui bisogna ispirarsi, e dal quale bisogna farsi condurre ed entusiasmare. E allora, il cammino dell’uomo diventa realmente un cammino non soltanto di verità e di amore, ma anche di speranza e di donazione per gli altri.

D. – Quale contributo può dare la storia della città alla vita cristiana di oggi?

R. – Io credo che La Pira dal cielo sicuramente esulti. Mi sembra di vederlo, felice, per questa cosa che avviene a Firenze: lui, che ora gode di una felicità di cui non c’è paragone, perché il Paradiso colma anche di felicità. Penso che Firenze, con anche la sua critica, con il suo voler le cose perfette, possa dare comunque un apporto al cristianesimo. O meglio, può far splendere il cristianesimo nella propria vita. Io sono profondamente convinto che è la città che deve dare testimonianza di fede cristiana. Noi sappiamo che, all’inizio, proprio le città sono state il punto di accoglienza della fede cristiana: i “pagi”, nella campagna, erano i pagani poi. Penso che Firenze possa realmente farlo, come del resto tutte le altre città. Ogni città – direi – ha la sua capacità di accogliere la fede e di esprimerla in un umanesimo intero. Ricordo che una volta La Pira, tornando da Gerusalemme, stava parlando con entusiasmo della sua esperienza, e diceva: “Firenze è Gerusalemme!”. Siccome si trovavano a Roma, uno gli fece un’osservazione: “Ma, Professore, siamo a Roma...”. E lui risponde: “Ah, anche Roma è Gerusalemme, tutte le città sono Gerusalemme!”. Sì, in fondo, credo davvero che ogni città è chiamata ad accogliere la fede cristiana e a esprimerla nella sua vita comunitaria.

D. – Firenze può essere la città della misericordia: siamo alla vigilia dell’Anno Santo…

R. – Lo è, la città della misericordia. Lo è, e in una maniera unica che è questa: a Firenze, nel 1244, è nata la “Misericordia”. Si è chiamata così un’Associazione di cristiani, i quali volontariamente si mettono a servizio degli altri. Prima si trattava soltanto di portare i defunti al cimitero, poi in seguito esclusivamente di portare i malati all’ospedale, andare a soccorrere nelle case... È un’istituzione antica – appunto del XIII secolo – che però c’è ancora, a Firenze c’è la “Misericordia”. Credo che la Misericordia, che è un’Associazione, debba in qualche modo darci l’occasione per dire che a Firenze, e in ogni città, deve esserci la misericordia come virtù, questo chinarsi sugli altri per servirli nel loro bisogno.








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