2015-11-08 11:34:00

Iraq, raid Usa anti-Is. Mons. Yaldo: qui cristiani come eroi


Ancora violenze in Iraq. Nelle ultime 24 ore, almeno 15 raid della coalizione internazionale guidata dagli Usa hanno colpito obiettivi del cosiddetto Stato islamico, dieci dei quali concentrati intorno a Ramadi o a Sinjar. Ieri, almeno nove persone sono morte in seguito a una serie di bombe esplose a Baghdad. Non si registrano rivendicazioni ma i sospetti ricadono i su miliziani dell’Is. Infine, almeno 15 jihadisti sono stati uccisi dai combattenti curdi peshmerga mentre tentavano di assaltare il villaggio di Bashary, a ovest di Mosul. Per una testimonianza sulla situazione in Iraq, e in particolare sulle condizioni della comunità cristiana, Klaudia Bumci ha intervistato l’ausiliare caldeo di Baghdad, mons. Basilio Yaldo, incontrato a Tirana, in Albania, al recente incontro del "Global Christian Forum": 

R. – La situazione dei cristiani in Iraq è molto difficile; ma posso dire che tutti gli iracheni soffrono della situazione attuale, per la mancanza dei servizi sociali, dell’assistenza sanitaria. Non si trova lavoro, mancano elettricità, acqua e altri servizi… La cosa più grave è la mancanza di sicurezza per la gente, perché ogni giorno succede qualcosa, specialmente a Baghdad, dove vivo con il patriarca nel Patriarcato… Per esempio, quando usciamo per visitare una chiesa o un’opera pastorale, non sappiamo se torneremo perché in strada potrebbe sorprenderci un’esplosione, una bomba… Viviamo ogni giorno con queste difficoltà. Percepiamo la sofferenza dei cristiani in Iraq, specialmente nel nord del Paese, e dopo l’ingresso del sedicente Stato islamico nella seconda città più grande dopo Baghdad, Ninive, che si chiama attualmente Mosul. Avevamo tanti villaggi cristiani. Adesso sono tutti fuggiti, molti cristiani hanno lasciato l’Iraq e questo per noi è una grave perdita, perché se il Paese sarà svuotato dai cristiani, non ci sarà più la ricchezza del Paese. I cristiani hanno lavorato molto per l’Iraq in ambito scientifico, culturale, religioso… Hanno dato tanto al Paese, all’Iraq. Gli altri lo sanno, questo: quasi tutte le persone istruite, come ingegneri, avvocati, medici, sono stati cristiani, fin dai primi secoli quando i musulmani sono arrivati in queste zone. Erano i cristiani quelli che hanno lavorato molto per questo Paese, per l’Iraq.

D. – La cosa più impressionante di questo incontro è che la gente che sta dando testimonianza della persecuzione propria e della propria gente non dice: “Aiutateci in qualche modo a uscire da lì”, oppure: “Dateci denaro per sopravvivere”, ma dice soprattutto: “Noi torneremo lì, testimonieremo ancora Cristo: pregate per noi”. E’ una cosa veramente impressionante…

R. – Sì, ha ragione. Ho sentito anche altre testimonianze. Quando si sente parlare di persecuzioni negli altri Paesi, forse il tuo caso diventa più "facile" rispetto alle altre situazioni come quelle attuali in Siria, in India, in Nigeria con Boko Haram… Questo incontro ci lascia un messaggio, le testimonianze dei martiri: ci dicono di rimanere nel Paese, di dare questa testimonianza a Gesù Cristo con il martirio. Quando sono ritornato a Baghdad mi hanno detto: “Ma perché ritorni a Baghdad? Tu sei stato rapito…. Poi, c’è la paura di quei gruppi…”. Ho risposto: “Io non sono migliore degli altri, perché come il mio amico, padre Aghid, ha dato la sua vita. Io non sono migliore di lui o di altri: tutti siamo testimoni di Gesù Cristo”. Ritornare in Iraq significa proprio questo: ci incoraggia a stare con il nostro popolo che soffre, anche se non possiamo fare nulla. Quello che conta è stare con loro. Io sempre, ogni domenica, vado in una chiesa diversa di Baghdad. Lo faccio per incoraggiare il popolo, per dire: “Siamo con voi. Siamo tutti uguali. Siamo qui per testimoniare Gesù Cristo, perché siamo cristiani”. Il nostro popolo, per esempio, ha lasciato i villaggi, le case, le proprietà, tutto quello che avevano, ma non ha lasciato la sua fede. Questo è molto importante, perché i musulmani hanno chiesto tre cose: pagare la tassa, oppure diventare musulmani oppure la morte. Loro hanno lasciato tutto, ma non hanno lasciato la fede. Questo per noi è molto importante. Anche qui, chiediamo la solidarietà degli altri, la preghiera: è più importante dell’aspetto materiale, perché se tu aiuti con i soldi, dopo una settimana, un anno finiscono. Noi vogliamo una cosa che ci faccia sentire che il mondo è con noi, che tutti i cristiani nel mondo ci facciano sentire che non siamo soli. Questo per me è molto importante: è molto importante, questo messaggio che viene dal "Global Christian Forum", che siamo uniti, che seguiamo Cristo insieme, come Chiese dei martiri.








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