2015-11-03 12:16:00

Per la prima volta in Italia meno di 100 mila aborti in un anno


Un dato significativo di un’inversione di tendenza culturale in atto in Europa. Così la presidente dell’Associazione Scienza e Vita Paola Ricci Sindoni commenta la relazione sull’interruzione volontaria di gravidanza in Italia trasmessa ieri al Parlamento. Secondo la ricerca nel  2014,  per la prima volta,  il numero di  aborti è stato inferiore a 100 mila. Costante il numero dei medici obiettori di coscienza, ma in nove casi su dieci gli aborti vengono effettuati  nella propria regione di residenza. Al microfono di Paolo Ondarza ascoltiamo la stessa Ricci Sindoni:

R. – Questi 100 mila stanno ad indicare che ancora in Italia - e in Europa in generale – l’aborto finisce per essere spesso anche un metodo contraccettivo. Però è anche un dato confortante perché questa cifra, che non è altissima ma che non è neanche residuale, può significare che c’è anche un cambiamento di rotta. Del resto è lo stesso Istat che, qualche mese fa, ha indicato come un gran numero di giovanissime – 16-18 anni – preferiscano oggi portare avanti la gravidanza piuttosto che abortire.

D. – Quindi se c’è da sottolineare un possibile cambiamento a livello culturale in senso positivo, per quanto riguarda il rispetto della vita e la concezione di “dove” o “quando” inizia la vita, nel contempo questi valori vanno inseriti in un contesto che fotografa anche un calo della natalità complessiva in Italia…

D. – D’accordo, questa è la grande sfida che sta davanti a noi: nel 2016 il Ministero della Sanità ha intenzione di affrontarla caratterizzando quest’anno come “Anno della Fertilità”. E’ giusto che si ridia anche una nuova visione della maternità: non più come un compito da compiere passivamente, come era nei primi del Novecento; ricordiamo che da questa concezione si originò la rivolta della donna, padrona della propria fertilità. Ora questa grande emergenza sociale della decrescita ci spinge a riaffrontare di nuovo, con una nuova sensibilità, forse anche con un nuovo linguaggio, l’idea che la maternità sia un valore non soltanto per la donna, ma è un valore condiviso da tutta la società ed è una ricchezza che va valorizzata.

D. – Questo dato, di meno di 100mila aborti in un anno, non include il ricorso ai cosiddetti anticoncezionali di emergenza, le pillole dei giorni dopo?

R. – Eh no, perché probabilmente questo dato sfugge al dato statistico in sé: una cosa è il conto degli aborti che sono registrati negli ospedali, una cosa sono invece i dati che sono più sfuggenti, perché (per acquistare le pillole del giorno dopo; ndr) non ci vuole neanche più la ricetta. Quindi le persone vanno, prendono il farmaco e poi cosa ne fanno? Lo utilizzano, non lo utilizzano? Hanno un ripensamento? Sono dati molti fluidi…

D. – E’ stato lamentato come questo diritto da parte dei medici ad obiettare, a rifiutarsi di praticare l’aborto potesse andare contro il cosiddetto diritto delle donne ad abortire. Questi dati che cosa ci dicono?

R. – Danno una versione completamente diversa: è assolutamente una leggenda metropolitana che le donne si debbano spostare addirittura da una regione all’altra per cercare di veder garantito il loro diritto all’aborto… E non lo diciamo noi da cattolici, ma lo dice un dato statistico: quindi, anche in questo, dobbiamo essere confortati.

D.  – Da questi dati esce fuori anche che a scegliere di non portare avanti una gravidanza sono in numero consistente giovani donne istruite e neo-impiegate…

R. – Certo. Il Papa lo ha detto anche qualche giorno fa: non mettiamo la donna nella triste condizione di dover scegliere o il lavoro o un figlio. Certo è che la società e le nostre strutture politiche non sembrano poi garantire la sicurezza alla maternità, perché considerano la maternità semplicemente come una cosa che riguarda la donna: per nove mesi lavora di meno, part-time… Se il valore invece è un valore sociale, allora tutto va ridisegnato: il valore della maternità è un valore condiviso, che non è soltanto sulle spalle e sul cuore della donna, ma un valore che viene condiviso prima con il proprio partner e poi come risorsa per tutta la società.








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