2015-10-31 08:00:00

Elezioni in Turchia: giornali riaperti con nuova linea editoriale


Sono tornati in edicola Bugun e Millet, i due quotidiani turchi di opposizione al presidente Recep Tayyip Erdogan, la cui pubblicazione era stata bloccata: hanno una linea editoriale diversa, considerata più attenta al Primo ministro e meno ai partiti di opposizione. Il cambio di prospettiva giunge dopo che i vertici dei giornali sono stati rimossi dal tribunale, a seguito del 'commissariamento' del gruppo editoriale Ipek, per presunti legami con il magnate e imam Fethullah Gulen, ex alleato e ora deciso oppositore di Erdogan. Anche i due canali tv del medesimo gruppo sono tornati in onda, a nuove condizioni. In questo clima, circa 53 milioni di elettori questa domenica sono chiamati alle urne per il rinnovo del Parlamento. Quattro i principali partiti in lizza: il Partito islamico Giustizia e Sviluppo (Akp) del Presidente Erdogan; il Partito repubblicano popolare (Chp), primo schieramento di opposizione; il Partito del movimento nazionalista (Mhp), formazione di destra e ultranazionalista; il Partito popolare democratico (Hdp), curdo, che ha partecipato alle elezioni per la prima volta lo scorso 7 giugno. Partendo dalla vicenda dei quotidiani, Giada Aquilino ha chiesto un’analisi dell’attuale momento politico per la Turchia a Marco Di Liddo, analista del Centro Studi Internazionali:

R. – C’è un clima abbastanza teso, perché la vicenda dei giornali è soltanto l’ultimo episodio di una situazione politica turca che è sempre più conflittuale tra le varie anime politiche e sociali del Paese. Il fatto che i quotidiani in questione abbiano deciso di modificare la loro linea editoriale è sinonimo probabilmente di due fattori: il primo è che vogliono continuare ad andare in edicola – ad essere diffusi – e quindi vogliono evitare il rischio di nuove sanzioni o nuove azioni a loro danno. E il secondo è che inevitabilmente ci sia un po’ di timore.

D. – Human Rights Watch, di fronte al blocco della stampa di opposizione, ha parlato di “misure drammatiche” che non si vedevano dai giorni del colpo di stato militare, quindi dal 1980: qual è la situazione?

R. – Questo è un punto molto delicato. Non è la prima volta che, purtroppo, il governo turco e il suo Presidente utilizzano in maniera piuttosto ‘muscolare’ i propri poteri per mettere nell’angolo le opposizioni o tutte quelle manifestazioni sociali e politiche particolarmente critiche verso l’attuale classe dirigente.

D. – Come va letta la decisione di inserire il magnate e imam Gulen, ex alleato e ora oppositore di Erdogan, nella lista dei terroristi più ricercati? È alla stessa stregua dei leader del Pkk curdo?

R. – Assolutamente no. I leader del Pkk, come la stessa organizzazione del Pkk, hanno sempre abbracciato una politica che, deliberatamente e in modo manifesto, faceva uso della violenza. Per quanto riguarda invece Gulen e la sua rete – il suo network è chiamato Hizmet - parliamo di una struttura che ha un’enorme copertura sociale e di interessi transnazionali, non solo in Turchia, in diversi settori dell’economia. In più Gulen, all’inizio della carriera politica di Erdogan e dell’ascesa del suo partito, era uno dei suoi maggiori finanziatori ed alleati. Quindi questa è una mossa che probabilmente lascia capire che c’è una guerra interna al blocco alleato dell’Akp.

D. – Come si presentano le elezioni parlamentari?

R. – C’è il rischio di ripetere quello che è successo a giugno: quindi con l’Akp che non ha la maggioranza assoluta, non può per questo governare da solo e non può avere i numeri per cambiare la Costituzione o fare un esecutivo monocolore. Questo potrebbe essere un grave problema perché – purtroppo – l’Akp, dopo 10 anni di governo in solitaria, non è abituato a degli esecutivi di coalizione con altri movimenti. E inoltre le forze di opposizione sono forze ideologicamente molto distanti dall’Akp e hanno in questo momento poca intenzione di sedere a un tavolo.

D. – L’impegno della Turchia nelle vicende per la crisi siriana, il sedicente Stato Islamico, i flussi migratori, il Pkk: quanto incidono su questo voto?

R. – Molto, perché quello che sta succedendo alla frontiera turca, e all’interno dello stesso territorio nazionale, ha innanzitutto determinato il risultato delle scorse elezioni. L’atteggiamento di Ankara nei confronti delle milizie curde che stanno combattendo l’Is è stato molto ambiguo. E la stessa politica nei confronti di quei movimenti della società civile e di quei partiti pro-curdi al proprio interno è stata molto dura e ha contribuito all’exploit del Partito per la democrazia, il partito curdo di sinistra. C’è il rischio di una polarizzazione e di una radicalizzazione delle posizioni. Politica estera e interna in questo momento sono estremamente collegate in Turchia.








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