2015-10-29 14:36:00

Il presidente colombiano Santos: "Sì a tregua con le Farc"


Ulteriori progressi in Colombia tra il governo e le Farc, Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane. Il presidente Juan  Manuel Santos ha detto di volere avviare una tregua bilaterale con il movimento a partire dal 1° gennaio 2016. Sinora, pur avendo aderito ai colloqui di pace con il  gruppo ribelle per quasi tre anni, il governo di Bogotà aveva sempre rifiutato di dichiarare un 'cessate il fuoco'. Ma si tratta di un concreto passo avanti verso la pacificazione nel Paese? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Maurizio Chierici, esperto di America Latina:

R. – Credo di sì, e non solo per il lungo lavoro diplomatico fatto, sia da Santos, che nella mediazione cubana. L’intervento del Papa poi è stato ancora una volta importantissimo. Il mondo è cambiato da quello di 50 anni fa, quando nascevano le Farc, che sono la guerriglia marxista e poi l’Eln, l’Esercito di Liberazione Nazionale. Il mondo è cambiato, perché la società è oggi diversa. Il continente latino non è più quello dei dittatori e, soprattutto, la Colombia è il solo Paese in questo momento nel continente che sta prosperando. Il Pil quest’anno sarà tra il 6,7%, il triplo di quello del Brasile. Poi c’è il problema di Panama, un problema commerciale: hanno raddoppiato il canale, ci sono investimenti enormi, ci sono 110 banche straniere. In pratica le guerriglie sono fuori dalla realtà, la rincorsa all’ideale marxista è ormai superata. Tutto questo è destinato a finire, anche perché parte delle risorse di un Paese come la Colombia, quasi il 16-18% del prodotto nazionale lordo, vengono investite nei territori occupati dalle guerriglie. Quindi credo che uno Stato moderno, che si sta aprendo al futuro, non abbia interesse a continuare questo stato di cose e voglia sfuggire al cliché del Paese della coca e delle guerriglie.

D. – E’ pensabile a un progressivo inserimento degli attuali ribelli nel tessuto istituzionale colombiano?

R. – Credo che questo sia già successo altrove, pensiamo al Venezuela: molti “tupamaros” erano finiti nei governi di centro e di centro-sinistra. Quindi quello che è già avvenuto in Venezuela è il modello che verrà praticato per pacificare la regione.

D. – C’è il rischio che rimangano frange estremiste che proseguiranno nella guerriglia?

R. – Sì, questo è il rischio, perché esistono piccoli poteri circoscritti a piccole zone la cui esistenza è basata sulla violenza, sui traffici illeciti e indubbiamente questo rischio c’è. Ma se il Paese è compatto, quando le grandi strutture delle guerriglie si accorderanno col governo, credo che tutto questo sparirà. I colloqui sono cominciati nella difesa dei diritti umani e in fondo è proprio così: l’equilibrio si conquista con la difesa dei diritti umani.








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