Udienza generale “interreligiosa” oggi in Piazza San Pietro in occasione del 50.mo anniversario della Dichiarazione Conciliare “Nostra Aetate” sulle relazioni della Chiesa Cattolica con le religioni non cristiane. L’evento si è svolto per espresso desiderio di Papa Francesco. Il Pontefice ha incontrato fratelli e sorelle di diverse religioni e i partecipanti al Convegno internazionale organizzato per l’occasione dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, in collaborazione con la Commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani e alla Pontificia Università Gregoriana. L’udienza generale interreligiosa è un’occasione per ringraziare Dio dei frutti già raccolti sul cammino del dialogo percorso in questi cinquant’anni e per invocare la benedizione del Signore sul cammino che resta da percorrere.
Ricordare insieme i 50 anni della Nostra Aetate
“Nelle Udienze Generali – ha esordito Papa Francesco
- ci sono spesso persone o gruppi appartenenti ad altre religioni; ma oggi questa
presenza è del tutto particolare, per ricordare insieme il 50° anniversario della
Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra
ætate sui rapporti della Chiesa Cattolica con
le religioni non cristiane. Questo tema stava fortemente a cuore al beato Papa Paolo
VI, che già nella festa di Pentecoste dell’anno precedente la fine del Concilio, aveva
istituito il Segretariato per i non cristiani, oggi Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso.
Esprimo perciò la mia gratitudine e il mio caloroso benvenuto a persone e gruppi di
diverse religioni, che oggi hanno voluto essere presenti, specialmente a quanti sono
venuti da lontano”.
Aggiornamento della Chiesa nella fedeltà
“Il Concilio Vaticano II è stato un tempo straordinario
di riflessione, dialogo e preghiera per rinnovare lo sguardo della Chiesa Cattolica
su se stessa e sul mondo. Una lettura dei segni dei tempi in vista di un aggiornamento
orientato da una duplice fedeltà: fedeltà alla tradizione ecclesiale e fedeltà alla
storia degli uomini e delle donne del nostro tempo. Infatti Dio, che si è rivelato
nella creazione e nella storia, che ha parlato per mezzo dei profeti e compiutamente
nel suo Figlio fatto uomo (cfr Eb 1,1), si rivolge al cuore ed allo spirito di ogni essere umano che cerca la
verità e le vie per praticarla”.
“Il messaggio della Dichiarazione Nostra ætate
è sempre attuale. Ne richiamo brevemente alcuni punti:
- la crescente interdipendenza dei popoli (cfr n.
1);
- la ricerca umana di un senso della vita, della sofferenza,
della morte, interrogativi che sempre accompagnano il nostro cammino (cfr n. 1);
- la comune origine e il comune destino dell’umanità
(cfr n. 1);
- l’unicità della famiglia umana (cfr n. 1);
- le religioni come ricerca di Dio o dell’Assoluto,
all’interno delle varie etnie e culture (cfr n. 1);
- lo sguardo benevolo e attento della Chiesa sulle
religioni: essa non rigetta niente di ciò che in esse vi è di bello e di vero (cfr
n. 2);
- la Chiesa guarda con stima i credenti di tutte le
religioni, apprezzando il loro impegno spirituale e morale (cfr n. 3);
- la Chiesa, aperta al dialogo con tutti, è nello
stesso tempo fedele alle verità in cui crede, a cominciare da quella che la salvezza
offerta a tutti ha la sua origine in Gesù, unico salvatore, e che lo Spirito Santo
è all’opera, quale fonte di pace e amore”.
Fiamma accesa ad Assisi da Giovanni Paolo II
“Sono tanti gli eventi, le iniziative, i rapporti
istituzionali o personali con le religioni non cristiane di questi ultimi cinquant’anni,
ed è difficile ricordarli tutti. Un avvenimento particolarmente significativo è stato
l’Incontro di Assisi del 27 ottobre 1986. Esso fu voluto e promosso da san Giovanni
Paolo II, il quale un anno prima, dunque trent’anni fa, rivolgendosi ai giovani musulmani
a Casablanca auspicava che tutti i credenti in Dio favorissero l’amicizia e l’unione
tra gli uomini e i popoli (19 agosto 1985). La fiamma, accesa ad Assisi, si è estesa
in tutto il mondo e costituisce un permanente segno di speranza”.
Ebrei e cristiani: da nemici ad amici e fratelli
“Una speciale gratitudine a Dio merita la vera e propria
trasformazione che ha avuto in questi 50 anni il rapporto tra cristiani ed ebrei.
Indifferenza e opposizione si sono mutate in collaborazione e benevolenza. Da nemici
ed estranei, siamo diventati amici e fratelli. Il Concilio, con la Dichiarazione Nostra ætate, ha tracciato
la via: “sì” alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo; “no” ad ogni
forma di antisemitismo e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione
che ne derivano".
Rapporto con i musulmani: rispetto reciproco e libertà di coscienza
"La conoscenza, il rispetto e la stima vicendevoli
costituiscono la via che, se vale in modo peculiare per la relazione con gli ebrei,
vale analogamente anche per i rapporti con le altre religioni. Penso in particolare
ai musulmani, che – come ricorda il Concilio – «adorano il Dio unico, vivente e sussistente,
misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli
uomini» (Nostra ætate, 5). Essi si riferiscono alla paternità di Abramo, venerano Gesù come profeta,
onorano la sua Madre vergine, Maria, attendono il giorno del giudizio, e praticano
la preghiera, le elemosine e il digiuno (cfr ibid.). Il dialogo di
cui abbiamo bisogno non può che essere aperto e rispettoso, e allora si rivela fruttuoso.
Il rispetto reciproco è condizione e, nello stesso tempo, fine del dialogo interreligioso:
rispettare il diritto altrui alla vita, all’integrità fisica, alle libertà fondamentali,
cioè libertà di coscienza, di pensiero, di espressione e di religione”.
Collaborare con chi non professa alcuna religione
“Il mondo guarda a noi credenti, ci esorta a collaborare
tra di noi e con gli uomini e le donne di buona volontà che non professano alcuna
religione, ci chiede risposte effettive su numerosi temi: la pace, la fame, la miseria
che affligge milioni di persone, la crisi ambientale, la violenza, in particolare
quella commessa in nome della religione, la corruzione, il degrado morale, le crisi
della famiglia, dell’economia, della finanza, e soprattutto della speranza".
La grande risorsa della preghiera
"Noi credenti non abbiamo ricette per questi problemi,
ma abbiamo una grande risorsa: la preghiera. E noi credenti preghiamo. Dobbiamo pregare.
La preghiera è il nostro tesoro, a cui attingiamo secondo le rispettive tradizioni,
per chiedere i doni ai quali anela l’umanità”.
No a fondamentalismo
“A causa della violenza e del terrorismo si è diffuso
un atteggiamento di sospetto o addirittura di condanna delle religioni. In realtà,
benché nessuna religione sia immune dal rischio di deviazioni fondamentalistiche o
estremistiche in individui o gruppi (cfr Discorso
al Congresso USA, 24 settembre 2015), bisogna
guardare ai valori positivi che esse vivono e che esse propongono, e che sono sorgenti
di speranza. Si tratta di alzare lo sguardo per andare oltre. Il dialogo basato sul
fiducioso rispetto può portare semi di bene che a loro volta diventano germogli di
amicizia e di collaborazione in tanti campi, e soprattutto nel servizio ai poveri,
ai piccoli, agli anziani, nell’accoglienza dei migranti, nell’attenzione a chi è escluso.
Possiamo camminare insieme prendendoci cura gli uni degli altri e del creato. Tutti
i credenti di ogni religione. Insieme possiamo
lodare il Creatore per averci donato il giardino del mondo da coltivare e custodire
come un bene comune, e possiamo realizzare progetti condivisi per combattere la povertà
e assicurare ad ogni uomo e donna condizioni di vita dignitose”.
Giubileo Misericordia, occasione per lavorare insieme nelle opere di carità
“Il Giubileo Straordinario della Misericordia, che
ci sta dinanzi, è un’occasione propizia per lavorare insieme nel campo delle opere
di carità. E in questo campo, dove conta soprattutto la compassione, possono unirsi
a noi tante persone che non si sentono credenti o che sono alla ricerca di Dio e della
verità, persone che mettono al centro il volto dell’altro, in particolare il volto
del fratello o della sorella bisognosi. Ma la misericordia alla quale siamo chiamati
abbraccia tutto il creato, che Dio ci ha affidato perché ne siamo custodi, e non sfruttatori
o, peggio ancora, distruttori. Dovremmo sempre proporci di lasciare il mondo migliore
di come l’abbiamo trovato (cfr Enc. Laudato si’, 194), a partire dall’ambiente in cui viviamo, dai piccoli
gesti della nostra vita quotidiana”.
Pregare gli uni per gli altri
“Cari fratelli e sorelle, quanto al futuro del dialogo
interreligioso, la prima cosa che dobbiamo fare è pregare. E pregare gli uni per gli
altri: siamo fratelli! Senza il Signore, nulla è possibile; con Lui, tutto lo diventa!
Possa la nostra preghiera – ognuno secondo la propria tradizione – possa aderire pienamente
alla volontà di Dio, il quale desidera che tutti gli uomini si riconoscano fratelli
e vivano come tali, formando la grande famiglia umana nell’armonia delle diversità.
Grazie”.
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