2015-10-27 12:30:00

Giubileo. L'Unicef per i minori profughi non accompagnati


“Accoglienza, misericordia e bambini in pericolo nell’Anno del Giubileo”. E’ il tema di un Convegno, promosso - ieri pomeriggio a Roma - dall’Unicef Italia e dall’Associazione Buona cultura. Roberta Gisotti ha intervistato Paolo Rozera, direttore generale in Italia del Fondo Onu per l’infanzia, che in questa occasione ha lanciato una campagna “Non è un viaggio. E’ una fuga. Aiuta i bambini in pericolo”:

Ce ne sono uno su quattro tra i rifugiati in Europa. Oltre 140 mila i minori, che hanno richiesto asilo tra gennaio e luglio 2015, con una media di circa 20 mila al mese. Paolo Rozera che fare di fonte all’emergenza dei bambini in fuga dai loro Paesi? Quali iniziative sono già in campo?

R. – In modo particolare, noi ci concentriamo sui minori non accompagnati, migranti economici, i più sfortunati in queste migrazioni perché non possono essere riconosciuti come rifugiati, ma che comunque scappano da situazioni di disperazione e desolazione. Per  cui "accoglienza" deve essere la parola d’ordine. Forse si pensa, guardando le immagini, che si tratta di un viaggio ma non è così, è una fuga. Noi abbiamo lanciato una campagna di raccolta fondi e di sensibilizzazione proprio su questo tema, con un focus sui minori non accompagnati. Per questo firmeremo anche un protocollo di collaborazione con l’Assessorato alle politiche sociali, salute, casa ed emergenza abitativa del Comune di Roma.

D. – Ci sono dati su questi bambini e ragazzi soli che arrivano in Italia?

R. – I bambini registrati in Italia sono oltre 9 mila. Parliamo sempre di minorenni non accompagnati. Il fatto drammatico è che ce ne sono quasi 6 mila scomparsi ed è su questi che ci concentreremo, perché dalle analisi e indagini che abbiamo fatto abbiamo visto che ci sono dei problemi enormi di sfruttamento minorile in Italia ed è veramente assurdo che in un Paese civile come il nostro si debba sapere che, ad esempio a Roma, i minorenni egiziani non accompagnati presenti siano vittime dello sfruttamento sessuale maschile e dello spaccio e commercio della droga. Oppure, che altre etnie, come quelle presenti ad esempio nelle campagne siciliane, possano essere utilizzate nello sfruttamento del lavoro minorile nei campi dal cosiddetto "caporalato".

D. – Uno spaccato di emergenza che interpella le coscienze di tutti…

R. – Molti dicono, forse facendo un po’ di demagogia, che dobbiamo pensare ai nostri bambini, ai nostri figli italiani, e non a quelli idei migranti. È veramente una sciocchezza, perché si può fare del bene lavorando sia per i bambini minori non accompagnati migranti sia per gli italiani indigenti, che comunque in alcune zone di Italia vivono anche in estrema povertà.

D. – L’attenzione che si dedica ai bambini è comunque una spia della civiltà di un Paese…

R. – Sì, delle volte mi domando come mai l’Italia, in alcune regioni, stia reagendo così male sul tema dell’accoglienza. Il nostro è un popolo nato sulle migrazioni, abbiamo un’esperienza di migrazione verso altri Paese piena di sofferenza, che dovrebbe invece aiutarci ad accogliere gli altri. Invece, c’è un aumento della paura di quello che è diverso da noi, di quello che è straniero. I migranti economici di cui le parlavo prima non sono quelli di pelle chiara, né con gli occhi azzurri, come possono forse essere i siriani che fanno la via di terra e arrivano nel nord Europa. Quelli che arrivano da noi sono per lo più di colore, non hanno gli occhi azzurri e incontrano maggiori difficoltà ad essere accolti. Quindi, nella tragedia rappresentano la parte più sfortunata.








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