2015-10-23 13:14:00

Siria. Cristiani denunciano la confisca beni degli emigrati


Il diritto a confiscare e gestire beni di proprietà di persone che hanno lasciato le proprie case – costrette a emigrare a causa del conflitto in corso – diritto autoproclamato dalle autorità locali di Hassaké, in Siria, è stato definito “contrario ai diritti umani” da parte dell’arcivescovo Jacques Behnan Hondo, a capo dell’arcidiocesi siro-cattolica di Hassaké-Nisibi, tra i firmatari di un comunicato sottoscritto dalle comunità cristiane locali. Secondo questo documento, nell'area sarebbero stati creati organismi incaricati di gestire e controllare – di fatto, disporre – di tali proprietà.

L'accusa dei cristiani: "Misura intimidatoria"
Secondo quanto riportato dall’agenzia Fides, infatti, i capi delle chiese e delle organizzazioni cristiane presenti in questa provincia nordorientale del martoriato Paese, si oppongono con forza al cosiddetto progetto di “tutela e gestione” delle proprietà delle persone emigrate: “Una misura intimidatoria sia per chi è stato costretto ad allontanarsi, e che dopo aver subito l’esproprio forzato dei propri beni vedrebbe di fatto compromesso il proprio diritto al ritorno – scrivono – sia per chi rimane e viene in questo modo indotto a pensare che sia meglio vendere i propri beni prima di vederseli espropriati in caso di temporanea assenza”. Stando ai dati, nella zona più del 30% delle terre e dei beni immobiliari presenti sarebbero di proprietà dei cristiani. (R.B.)








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