2015-10-21 19:54:00

Terra Santa: riunione Consiglio Sicurezza Onu. Unesco condanna Israele


Diplomazie oggi al lavoro per fermare le violenze in Terra Santa: convocato per stasera, alle 21 italiane, il Consiglio di Sicurezza dell’Onu a New York. Violenze che sono costate la vita nelle ultime tre settimane a otto di ebrei ed una cinquantina di palestinesi - due vittime oggi - oltre a fare migliaia di feriti. Il clima è inasprito dalle polemiche dopo le dichiarazioni del premier israeliano, secondo cui Hitler avrebbe voluto solo l'espulsione degli ebrei e fu convinto alla sterminio dal Muftì di Gerusalemme. Il servizio di Roberta Gisotti

Oggi, a Ramallah, una soldatessa israeliana è stata pugnalata e il suo assalitore palestinese ucciso a colpi d’arma da fuoco. Mentre ad Hebron un palestinese è morto asfissiato dai gas lacrimogeni e due razzi sono stati lanciati da Gaza verso Israele. E, non si spengono le polemiche sull’inedito racconto della Shoah del premier israeliano. Netanhyau “vuole cambiare la storia degli ebrei”, ha replicato il presidente palestinese Abbas. Mentre dalla Germania il portavoce della Merkel ha ribadito che la responsabilità dello sterminio ricade sulle spalle dei tedeschi. Intanto la diplomazia cerca di ricomporre il conflitto. Incontrando il segretario generale dell’Onu Ban Ki moon, Abbas si è detto disponibile a trattative di pace ma è tornato ad accusare Israele di voler mutare lo status quo della Spianata delle Moschee, chiedendo la protezione internazionale, anche su tutti i territori occupati. E dall’Unesco è arrivata una risoluzione di condanna alle restrizioni di culto imposte da Israele che ha respinto le accuse definite ‘vergognose’. Ma Gerusalemme Stasera Ban prima di volare in Giordania, riferirà in videoconferenza al Consiglio di sicurezza dell’Onu, riunito a porte chiuse a New York E, si attende anche l’esito del colloquio nel pomeriggio a Berlino tra la cancelliera tedesca Merkel e il premier israeliano Netanhyau, che domani incontrerà qui anche il segretario di Stato Usa Kerry. Quindi venerdì a Vienna si riunirà il quartetto per il Medio Oriente (Russia-Stati Uniti-Unione Europea e Onu) per esaminare la situazione estremamente critica nei rapporti tra Israele e la Palestina.

Ma quale può essere il ruolo di questi attori internazionali in un momento così delicato e chi conta veramente? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni Internazionali e Storia di Israele Moderno, all'Università di Firenze:

R. – I grossi soggetti che possono agire sono essenzialmente due: l’Onu inteso come organizzazione e inteso anche come possibilità che gli americani cambino atteggiamento in sede di Consiglio di sicurezza, cioè smettano di porre il veto a risoluzioni che loro considerano contro Israele; il secondo soggetto è in particolare la Germania sia perché la Germania ha un forte legame con Israele, che però è diventato più critico negli ultimi anni, sia perché se anche la Germania si muove in un certo senso il resto d’Europa, che è già critico verso Israele, la seguirebbe senza problemi.

D. – Una parola sulla Giordania: il fatto che la Spianata delle Moschee venga gestita da una fondazione islamica sotto l’egida della Giordania ha un significato in questo momento?

R. – Sì perché la famiglia dei Re di Giordania era la famiglia che una volta custodiva i luoghi santi di Mecca e Medina e quindi ha con Gerusalemme un rapporto particolarmente forte non solo dovuto ai 20 anni in cui hanno controllato la città vecchia. E anche perché la Giordania, non dimentichiamolo, ha una popolazione che in gran parte è costituita da palestinesi; è inoltre il miglior vicino che Israele possa avere, è un Paese moderato, quindi è suo compito agire da moderatore.

D. – A complicare la situazione oggi queste affermazioni di Netanyahu che dice che Hitler all’epoca non voleva sterminare gli ebrei ma solo espellerli e fu poi invece convinto a farlo dal Mufti di Gerusalemme: perché ora queste affermazioni, che ruolo hanno, cosa significano?

R. – Sono affermazioni particolarmente gravi anche perché lui è figlio di uno storico, di destra ma di uno storico. Comunque il fatto che l’abbia detto e di fronte a un pubblico molto qualificato, cioè l’organizzazione mondiale sionista che era a convegno, è semplicemente sintomo di un nervosismo che ormai trabocca e gli fa dire cose che non hanno senso.

D. – Netanyahu potrebbe fare un passo indietro a questo punto dopo tutti questi confronti e questi colloqui?

R. – Tutto quello che sta avvenendo è volto a fare pressioni su Netanyahu e sul governo israeliano. Però è anche vero che la coalizione di governo che Netanyahu ha messo insieme deliberatamente è molto più a destra di lui: cioè, lui non ha spazio né nel governo né nella Knesset per fare iniziative di tipo diverso, quindi in un certo senso è in un vicolo cieco e non sa come uscirne né sul fronte interno né sul fronte internazionale.

D. – E’ anche vero che anche Mahmud Abbas ha di fronte a sé uno scenario, una popolazione palestinese estremamente frammentata che non lo segue…

R. – E’ vero, Mahmud Abbas non è seguito dalla base anche perché la base è fatta di giovanissimi palestinesi che dopo 48 anni di occupazione non ascoltano più gli adulti. Però è anche vera un’altra cosa, che il presidente palestinese non rischia di essere ucciso se cambia politica, al massimo si dimette e farà il pensionato. Mentre Netanyahu, e la politica israeliana lo ha dimostrato, è a rischio di qualcuno molto più estremista.

 

 








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