2015-10-20 14:56:00

Ravasi: famiglia, luogo idoneo per dialogo con non credenti


Il confronto fra Sinodo e Concilio degli Apostoli di Gerusalemme, riproposto dal cardinale Schönborn nella cerimonia del 50.mo del Sinodo, ma anche le radici bibliche riguardanti il dibattito sulla decentralizzazione della Chiesa e la ridiscussione del ministero petrino: sono temi sui quali si sofferma il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, intervistato da Fabio Colagrande:

R. – Vorrei dire anche che tutto il percorso, l’itinerario, del Nuovo Testamento è contrassegnato da una specie di filo d’oro costante, che è quello legato al messaggio di Cristo che continua ancora a permanere. Ma, al tempo stesso, c’è una continua declinazione di questo messaggio in forme e in tipologie molto diverse. Pensiamo soltanto al confronto tra il messaggio dei quattro Vangeli che riflette sensibilità anche differenti. Proprio per quanto riguarda il problema del matrimonio, e l’indissolubilità di quest’ultimo, noi vediamo che Marco è radicale, come lo è nell’affermazione di Cristo stesso. Matteo ripete la stessa radicalità, ma introduce questa misteriosa eccezione, il che vuol dire che sente il problema pastorale in maniera complessa. Noi abbiamo un esempio proprio nell’esperienza di “conciliare”, certamente sinodale, di Gerusalemme – Atti 15 – in cui, da un lato, c’è sicuramente registrata la distinzione tra posizioni differenti, giudeo-cristiani, e le Chiese che vengono dai Gentili. E, dall’altra parte, c’è il tentativo di arrivare a una mediazione, e questa viene raggiunta nel decreto del Concilio cosiddetto di Gerusalemme. E questa è una mediazione che, si vede, non risolve però completamente il problema, che sarà risolto poi progressivamente nell’interno della storia della cristianità.

D. – Il Papa ha introdotto due temi molto forti: quello della decentralizzazione e quello della ridiscussione dell’esercizio del ministero petrino. Biblicamente questi due temi hanno delle radici in qualche modo?

R. – Certamente, hanno un fondamento molto rilevante nel Nuovo Testamento, perché in esso noi abbiamo, da una parte, il rilievo petrino certamente – immaginiamo le immagini della roccia, delle chiavi, l’immagine del legare e sciogliere, che ha un suo significato profondo anche dottrinale, e non solo pratico, pastorale. Però, dall’altra parte, abbiamo anche, per esempio, il legare e sciogliere, che nel capitolo XVI di Matteo e di Pietro, nel capitolo XVIII, viene dato a tutto il Collegio apostolico. Abbiamo una tipologia di lettura del messaggio cristiano presente nei quattro Vangeli diversificati tra di loro, e abbiamo una tipologia nelle scelte di Paolo che riflette la molteplicità delle sua comunità. Quindi, da un lato, c’è il riconoscimento dell’asse centrale, che è Cristo-Pietro, ma dall’altra ci sono anche una ricchezza e una varietà straordinarie all’interno delle singole comunità con le presenze apostoliche. Proprio in questa luce si potrebbe quasi percorrere tutto il Nuovo Testamento, tendendo conto non di questa dualità, ma di questo contrappunto armonico, che crea armonia: non è perciò una dialettica, ma è piuttosto un incrocio di posizioni, di situazioni, che sono differenti, teologicamente fondate e pastoralmente necessarie.

D. – La tematica del dialogo con i non credenti, che so le sta molto a cuore, è emersa in questo Sinodo? Si parla anche di famiglie non credenti?

R. – Nella terza parte entra in scena questo problema – pensiamo cioè ai cosiddetti matrimoni con disparità di culto – quindi, di base c’è il dialogo interreligioso. Io direi che bisognerebbe forse sottolineare che non è soltanto una questione di tipo giuridico, e alla fine anche liturgico-pastorale semplicemente, ma che è anche una delle grandi occasioni per poter affermare il dialogo interreligioso prima di tutto, e anche il dialogo con i non credenti. Perché – come noi sappiamo – la famiglia, la comunità familiare, è uno degli ambiti dove forse più si potrebbe far sbocciare anche questa realtà, che noi cerchiamo di costruire a livello di orizzonte più ampio, e che è la realtà del dialogo.








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