2015-10-20 12:03:00

Card. Tagle: guardare alle famiglie con occhi del Buon Samaritano


Il Sinodo sulla famiglia, il Giubileo della Misericordia, la situazione dei profughi che cercano un futuro migliore in Europa. Sono i temi forti di un’intervista che il card. Luis Antonio Tagle, presidente di Caritas Internationalis e presidente delegato del Sinodo, ha rilasciato negli studi della Radio Vaticana. Al microfono di Alessandro Gisotti, l’arcivescovo di Manila parte dall’esperienza della visita, ieri, nel campo profughi di Idomeni al confine tra Grecia e Macedonia:

R.  – Io ringrazio la Caritas Internationalis e la Caritas Hellas di Grecia per questa opportunità di andare in questo confine. Sono andato come presidente della Caritas Internationalis, non esplicitamente come un padre sinodale, però nel campo transitorio per i profughi ho visto la situazione della famiglia: che sofferenza, che miseria, in questi campi! La gente non ha nulla, solo la cosa più preziosa: la famiglia, i bimbi, i ragazzi! E nella miseria del campo, con la sofferenza, l’umiliazione, c’è l’amore. Ho visto questi ragazzi stanchi che volevano dormire e trovavano consolazione nelle spalle della mamma, del papà.

D.- I mass media sono spesso attenti ad alcune situazioni di “famiglie ferite”. Lei ci sta parlando di una situazione molto più ampia…

R. – Noi non dobbiamo diminuire la gravità di ogni ferita nella famiglia, per esempio il divorzio, la separazioni, certi conflitti. Però noi padri sinodali, specialmente dal Terzo Mondo e dal Medio Oriente, dall’Africa, dall’Asia e anche dall’Europa, siamo consapevoli che la famiglia in ogni società è un microcosmo della situazione sociale, culturale, economica. Da noi, dalle Filippine, dall’Asia, dall’Africa, i padri sinodali  parlano sempre di queste ferite!

D. – Papa Francesco quando si rivolge ai vescovi, ai pastori, spesso chiede loro di avere empatia verso il popolo, verso il gregge, di gioire e soffrire con il popolo. Questo come può succedere pensando alle famiglie?

R. – L’importanza dell’incontro personale. Però l’incontro personale non significa solo una presenza fisica, ma un’attenzione particolare con gli occhi della fede e gli occhi del Buon Samaritano: gli occhi di Gesù pastore. Questi sono gli occhi di un fratello che condivide le gioie, le sofferenze, i sogni e anche le frustrazioni degli altri. Come ha detto San Paolo: “Io sono diventato tutto per tutti”. Quando il gregge è nella gioia, il cuore del pastore con empatia, con gioiosa compassione sa come gioire con loro. Però un’attenzione nelle ferite per portare una presenza di Dio che ama tutto, non solo coloro che sono degni: ma chi è degno dell’amore del Signore? Questo è lo sguardo del Buon Samaritano, uno sguardo pastorale.

D. - Il Giubileo della Misericordia sta per iniziare però anche il Papa ha fatto capire che anche questo Giubileo già illumina, se vogliamo all’indietro, il Sinodo. Qualcuno percepisce, sembra almeno all’esterno, un contrasto tra misericordia e verità…

R. – La misericordia, la giustizia, la compassione in Dio sono unite! Però noi uomini mortali, creature con la mente non capace di unire tutte le cose… noi per chiarire facciamo distinzione ma dobbiamo essere attenti perché in Dio e negli occhi della fede, misericordia e giustizia non sono contrarie! Per me - per me come pastore, come fedele, come uomo che ha misericordia - ho bisogno della misericordia di Dio e non solo di Dio ma di tante persone. Per me pregare: “Dio, abbi misericordia di me” è anche un grido: “Dio fa giustizia a me”! Troviamo la vera giustizia solo in Dio misericordioso.

D. – Forse dopo “famiglia” una delle parole che si è usata di più sui mass media per questo sinodo è “clima”: clima positivo, clima di scontro, clima di franchezza. Lei che ha vissuto anche altri sinodi che clima vive?

R. – Questo è il mio sesto sinodo. E’ normale in ogni Sinodo avere contributi diversi, perché i partecipanti vengono da una diversità complessa, di cultura, di tradizione, delle lingue… Io non sono nervoso in questa diversità però tutti noi, in ogni Sinodo, anche in questo, dobbiamo guardare attentamente se la diversità è utilizzata come una ragione o se è causa di divisione invece di essere una ricchezza, un’opportunità per avere un orizzonte più ampio per capire la dottrina, la tradizione, le parole di Gesù nel contesto della esistenza umana.

D. - Quando tornerà nella sua terra, nelle sue Filippine, qual è la cosa che pensa porterà più importante di questo Sinodo sulla famiglia, guardando poi alle famiglie della sua diocesi, del suo gregge di Manila?

R. – Da noi la povertà, la mancanza di posti di lavoro è una sfida per la famiglia e per la Chiesa: come mantenere la vita familiare in un contesto dove le forze esterne causano una ferita? Questa pastorale per mantenere la fedeltà in mezzo alla povertà, la sofferenza, questa è la “pastorale della speranza”. Però nella mia esperienza le famiglie povere ci insegnano come vivere nella speranza. Loro hanno la capacità di celebrare ogni cosa buona - piccole cose! - vedono la Grazia, vedono la presenza di Dio, sono pieni di ringraziamento! Invece noi in una situazione stabile vediamo solo problemi, problemi, problemi… E manca la gioia, la gioia scappa! I poveri sono i veri missionari della gioia della famiglia.








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