Un uomo e un vescovo che con il suo “stile sinodale”, aperto al dialogo e fondato sull’amore per la Sacra Scrittura, può “ispirare una vita più ricca di senso e una convivenza più fraterna” anche alla civiltà odierna. Scrive così Papa Francesco del cardinale Carlo Maria Martini nella prefazione del Libro “La Cattedra dei non credenti”. Il volume, curato dalla Bompiani, inaugura l’Opera omnia dell’allora arcivescovo di Milano. Il servizio di Alessandro De Carolis:
“Ogni credente porta in sé la minaccia della non credenza e ogni non credente porta in sé il germe della fede: il punto d’incontro è la disponibilità a riflettere sulle domande che tutti ci accomunano”. Questa convinzione che guidò il pensiero e l’azione pastorale del cardinale Carlo Maria Martini fu anche l’architrave religioso e culturale che lo spinse a creare, nel 1987, la “Cattedra dei non credenti”, uno spazio che mettesse a confronto, attorno a un tema specifico, le ragioni di crede e di chi no.
Stile sinodale
Papa Francesco sottolinea, nella sua prefazione al
volume del cardinale Martini, l’intuizione che aveva portato alla nascita di quella
iniziativa. Il porporato, scrive, “aveva intuito la fecondità del contributo che le
comunità cristiane possono dare alla società civile oggi se compiono questo sforzo
di mediazione sul piano etico e antropologico”, ovvero che “i principi della fede,
lungi dal trasformarsi in motivo di conflitto e di contrapposizione all’interno della
convivenza civile, possono e devono risultare vivibili e appetibili anche per gli
altri, nel maggior consenso e concordia possibili e motivare in profondità l’impegno
per la giustizia e per la solidarietà”.
L’intuizione alla base della “Cattedra” è figlia, spiega il Papa, di un uomo che aveva fatto proprie le linee scaturite dal Vaticano II. Anzitutto, annota “lo stile di sinodalità”, fondato su “un atteggiamento di ascolto e di discernimento di quanto lo Spirito muove nella coscienza del popolo di Dio, nella varietà delle sue componenti” e, insieme, sulla “cura perché le differenze non degenerino in conflitto distruttivo”. Martini, ricorda Francesco, “non voleva fare concessioni a mode o a indagini sociologiche, ma era portato da un’unica domanda di fondo: ‘In che modo Gesù Cristo, vivente nella Chiesa, è oggi sorgente di speranza?’”.
Dialogo oltre i confini
E un secondo “stile” che la cifra del ministero martiniano
fu quello del dialogo a livello pastorale e spirituale. In particolare, osserva il
Papa, cercò “attivamente di incontrare chi nella comunità dei credenti immediatamente
non si riconosceva”, spinto da uno “sguardo” che teneva proteso “oltre i confini consolidati,
favorendo una Chiesa missionaria ‘in uscita’ e non chiusa su se stessa, facendo emergere
il messaggio universale del Vangelo, portatore di luce e di ispirazione per tutte
le persone”.
Maestro della Sacra Scrittura
Questo continuo “invito a ‘farsi prossimo’ nei confronti
di coloro che sono messi da parte”, proprio della missione dell’allora arcivescovo
di Milano, “ha risuonato con forza ed efficacia – riconosce Francesco – all’interno
della società civile e nel mondo della politica”. E questo fu possibile grazie al
terzo aspetto che sostanziò la sua azione: la “familiarità del cardinale con la Parola
di Dio”, della quale fu annunciatore e dispensatore magistrale. “Proprio la sua costante
attenzione al tesoro della Scrittura fa sì – sostiene il Papa – che le parole del
cardinale Martini non possono essere viste come considerazioni dettate dal buon senso
o da teorie politiche; nella loro simultanea semplicità e profondità, esse esprimono
tutta la ricchezza della tradizione giungendo a interpellare ogni persona e ogni popolo”.
Fra l’altro, rimarca Francesco, “in questo suo approccio all’ascolto e alla predicazione
della Parola”, l’allora capo della Chiesa ambrosiana valorizzò “in modo originale
la spiritualità della Compagnia di Gesù”, mettendo a frutto la “pedagogia ignaziana”.
Magistero umanizzante
Per Papa Francesco, la pubblicazione dell’Opera omnia
del cardinale Martini è dunque preziosa e doverosa, “un invito continuo a riflettere
insieme sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del nostro pianeta e a cercare
cammini condivisi di liberazione e di speranza. Essa – termina – potrà essere di grande
aiuto nel nostro mondo così segnato da forze disgregatrici e disumanizzanti per ispirare
una vita più ricca di senso e una convivenza più fraterna”.
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