2015-10-18 09:30:00

Piede torto: si cura facilmente, ma c'è chi consiglia aborto


Si celebra questa domenica la terza Giornata internazionale del piede torto congenito. A Roma, presso l’Istituto salesiano Pio XI, l’associazione italiana dei genitori con figli affetti da questa malformazione ha organizzato un evento in cui molte mamme e papà hanno potuto offrire la propria testimonianza, ma soprattutto i medici che in Italia adottano per le cure il metodo Ponseti – una metodologia che ha compiuto 100 anni ma è ancora abbastanza sconosciuta nel nostro Paese – hanno raccontato la loro esperienza. Al microfono di Roberta Barbi ce ne parla il presidente dell’associazione, Silvia Ghigna:

R. – La terza giornata del piede torto è molto importante perché è un convegno a tutti gli effetti con medici e genitori, quindi una cosa del tutto anomala: infatti, in Italia di solito i medici stanno da una parte e i genitori dall’altra.

D. – Cos’è il piede torto e come viene curata, normalmente, questa malformazione?

R. – Il piede torto è la più comune malformazione congenita, che quindi si presenta alla nascita, agli arti inferiori. Ogni anno nascono circa 700 bambini con questa malformazione. Il piede è completamente ruotato verso l’interno, per cui in mancanza di una cura adeguata il bambino rimane invalido perché non riesce nemmeno a camminare. Per curarlo, in Italia il metodo più comune fino a oggi è il metodo tradizionale che prevede una serie di operazioni chirurgiche molto invasive, molto pesanti che creano fondamentalmente invalidi, perché – a parte le cicatrici – il piede funzionalmente non va bene.

D. – E’ vero che addirittura si consigliava l’aborto?

R. – Questo è assolutamente attuale, purtroppo: avviene in Italia più che all’estero. E’ capitato anche a me, quando è nata mia figlia. L’ho saputo dalla morfologica e volevano farmi abortire.

D. – L’associazione dei genitori promuove il metodo “Ponseti”, che è un metodo conservativo. In che cosa consiste?

R. – Si applica immediatamente alla nascita, nei primi giorni di vita, possibilmente nei primi 10 giorni di vita. E’ una serie di gessetti con delle manipolazioni fatte, però, dall’ortopedico; quattro-cinque gessetti al massimo, di una settimana l’uno. Per cui a un mese, 40 giorni di vita il bambino avrà i piedi corretti, uguali a quelli di tutti gli altri bambini. Dopo di ché si fa un piccolissimo intervento, ma in anestesia locale, solo con una pomatina anestetica e senza alcun ricovero, per l’allungamento del tendine di Achille, che è in percutanea, per cui non lascia alcuna cicatrice. Poi, un tutore fino ai cinque anni, che poi è prevalentemente notturno. In questo modo il bambino arriva all’adolescenza con i piedi normalissimi e può svolgere tutte le attività e la vita dei suoi coetanei.

D. – Ci sono stati bambini curati con il metodo Ponseti che poi sono diventati atleti olimpionici?

R. – Chiaramente in Italia, no, perché il metodo Ponseti ha iniziato a diffondersi dopo il 2007-2008. I primi curati, attualmente, hanno sette-otto anni. Però all’estero, negli Stati Uniti in particolare, dove ormai il 97% degli ortopedici usa questo metodo, ci sono tantissimi atleti di tutte le specialità che addirittura sono arrivati a risultati olimpionici.

D. – Come nasce l’Associazione nazionale piede torto congenito, e cosa chiede?

R. – L’Associazione nazionale piede torto congenito nasce da un gruppo di genitori, come me, che vuole promuovere questo metodo Ponseti: l’Organizzazione mondiale della sanità lo indica come metodo economico e ha una validità, un’efficacia superiore al 97%. Non ha senso continuare con il metodo tradizionale: l’Associazione vuole promuovere in modo che anche in Italia, come nel resto del mondo, finalmente il metodo Ponseti venga applicato da tutti i maggiori ospedali del nostro Paese.








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