Tre attentati, quasi simultanei, ieri a Maiduguri, nel nordest della Nigeria. I tre kamikaze si sono fatti saltare in aria, a distanza di tre minuti ciascuno, provocando la morte di sette persone. Secondo il portavoce dell’esercito, l’esplosione è avvenuta mentre alcuni musulmani rientravano a casa dalle preghiere della sera. L’attacco è stato attribuito al gruppo estremista Boko Haram, che dal 2009 a oggi ha ucciso migliaia di persone e costretto oltre 2 milioni di nigeriani a fuggire dai propri villaggi. Sull’escalation di violenza di Boko Haram, Elvira Ragosta ha intervistato il vescovo di Kaduna, ed ex vescovo di Maiduguri, mons. Matthew Ndagoso, intervenuto ieri a Roma alla presentazione del Rapporto sulle persecuzioni dei cristiani di "Aiuto alla Chiesa che soffre":
R. – I saw Boko Haram grow…
Ho visto crescere Boko Haram. La mia casa infatti era a Maiduguri, a soli 200 metri
dal quartier generale di Boko Haram. E’ stata distrutta nel 2009. Quindi, li ho visti
crescere e sfortunatamente nessuno lo ha notato. Chiunque avesse occhi, sapeva che
questo gruppo avrebbe rappresentato qualcosa. Poi, sono diventati quello che sono
diventati e abbiamo visto che tipo di distruzione, della vita e delle proprietà, hanno
portato avanti negli ultimi quattro anni. Una volta, la terra era sotto il loro controllo,
ma ora quei posti sono stati ripuliti dall’esercito nigeriano e la gente sta cominciando
a tornarci.
D. – Attaccano musulmani e cristiani…
R. – Yes, initially when they started…
Sì, inizialmente, quando hanno cominciato, attaccavano
le agenzie per la sicurezza, poi le chiese e infine le moschee. Quindi sia i cristiani
che i musulmani hanno perso le loro vite. E posso dire che nel complesso sono morti
più musulmani che cristiani per mano di Boko Haram.
D. – Riguardo alla persecuzione nei confronti dei cristiani, com’è la situazione nel nord della Nigeria?
R. – In northern Nigeria, particularly…
Nel nord della Nigeria, in particolare nel nordest,
sì. La persecuzione è sistematica, nel senso che fin dall’indipendenza non abbiamo
potuto, specialmente nella parte a nordest, ottenere la terra per costruire le chiese.
Ti dicono di seguire il protocollo. Il protocollo dice che non sono ammesse chiese:
“Vi damo la terra, però non costruite chiese lì”. Non è ammesso praticare, costruire
le chiese per il culto, altrimenti si assiste ad una sistematica persecuzione. Nel nordest ci sono dei cristiani indigeni - un gruppo chiamato
Magusawa - che siccome rifiutano l’islam, non vengono considerati, non esistono.
E vengono loro negati servizi essenziali: acqua, scuole…
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