2015-10-13 11:00:00

Sinodo. Parroco invitato dal Papa: famiglie ritrovino calore


Altra sfida da raccogliere per la Chiesa è il rapporto famiglia-lavoro. Se ne discute al Sinodo in Vaticano dove viene evidenziata la duplice problematica rappresentata da un lato dalla piaga della disoccupazione e dall’altro dal “troppo lavoro” che spesso minaccia la vita familiare. Ne parla al microfono del nostro inviato Paolo Ondarza, don Roberto Rosa, parroco di San Giacomo Apostolo a Trieste, nominato personalmente dal Papa tra i Padri sinodali:

R. – É stata una cosa imprevista, iniziata con una lettera che io ho inviato al Papa nei primi giorni di agosto su alcune questioni pastorali. Gli ho scritto senza neppure pensare che l’avrebbe letta. Qualche giorno dopo mi è giunta una telefonata diretta di Papa Francesco, il quale aveva la mia lettera in mano e assieme abbiamo parlato di alcuni problemi pastorali, della famiglia. Poi ci siamo salutati. Qualche giorno dopo, mi è arrivata la nomina, inaspettata, di partecipare come padre sinodale a questo Sinodo sulla famiglia.

D. – Qui al Sinodo, quindi, porta i problemi concreti vissuti dalla gente che frequenta la sua parrocchia e che lei sperimenta ogni giorno…

R. – È quello che io posso portare; l’esperienza di una vita quotidiana accanto alle persone, alle famiglie, soprattutto portando quella che è la bellezza dell’amore umano vissuto nella famiglia, ma anche quelli che sono i problemi delle famiglie di oggi.

D. – Quali sono i problemi delle famiglie, oggi, che lei ritiene più urgenti?

R. – Prima di tutto, quello del lavoro. Molte volte manca un lavoro continuativo per cui la famiglia soffre di questa mancanza, perché quando manca il lavoro, manca il pane e quindi la dignità. Poi, dall’altra parte invece, c’è anche un assolutizzare il lavoro, quando entrambi i genitori lavorano per stare meglio dal punto di vista economico, per avere di più, però poi trascurano quella che è l’intimità della vita famigliare, come lo stare a tavola insieme, non c’è tempo... I figli – lo vedo in parrocchia – risentono di questa assenza dei genitori dovuta tante volte al lavoro. Tante famiglie giovani vedono che i loro genitori sono stanchi, parlano poco…

D. – Rimane poco tempo, poca energia da dedicare alla famiglia?

R. – Poca energia da dedicare alla famiglia, per cui i giovani hanno l’impressione che la famiglia sia qualcosa che stanchi. Quando, poi, la famiglia diventa un albergo, non ci si parla, non ci si vuole bene, non ci perdona, non ci si accoglie, c’è veramente il rischio anche di arrivare qualche volta alla separazione.

D. – Turni, spesso anche scomodi, a cui sempre più frequentemente vengono sottoposti molti lavori. Ad esempio, il lavoro domenicale: penso agli esercizi commerciali o addirittura al lavoro notturno. Anche queste sono cose che vanno a incidere sull’equilibrio della famiglia, sulla serenità, sulla condivisione in famiglia...

R. – Si pensi per esempio all’impossibilità, qualche volta, di celebrare la festa in famiglia anche dal punto di vista cristiano: si è lì, come se fosse un giorno come tutti gli altri, perché magari la mamma lavora in un supermercato, il papà è impegnato da un’altra parte, i figli non riescono nemmeno a venire in chiesa, non possono muoversi. Qualche volta, c’è la fortuna di avere i nonni anche e soprattutto per la trasmissione della fede.

D. – Lo stato delle cose oggi porta anche ad un confronto tra generazioni lontane, i nonni e i nipoti proprio per questo motivo, dettato dal lavoro, dall’impossibilità dei genitori a seguire come prima, come una volta, i propri figli…

R. – Certamente. È una fortuna avere i nonni che aiutano a legare la famiglia, a tenerla unita. Molte volte sono loro che portano i ragazzi in parrocchia, a scuola, che li seguono, sempre in contatto con i genitori. Per cui, in questo momento sono figure che vanno valorizzate.

D. – Tornando al tema del lavoro, il Sinodo che prospettive può offrire? La Chiesa può aiutare nello stabilire un rapporto equilibrato con la dimensione del lavoro?

R. – Penso di sì. Ma direi che la Chiesa, soprattutto, dovrebbe proporre a quelli che sono imprenditori cattolici, impegnati nell’area del commercio, nei supermercati per fare un esempio, a fare una scelta coraggiosa: vivere la domenica e farla vivere anche ai loro dipendenti. Va riscoperto il valore del lavoro, che chiaramente è uno strumento per portare avanti la propria famiglia – "ora et labora", noi siamo stati creati da Dio anche per lavorare – però, il fine ultimo della nostra vita non è il lavoro, è la festa. Direi che il Signore ci ha creati per la domenica. È lì che c’è il senso di tutto il lavoro.

D. – C’è un cammino da percorrere che è controcorrente rispetto a quello che la società a volte impone con i suoi ritmi e con le sue regole?

R. – Certo, il Vangelo va sempre controcorrente, è sempre una grande novità che rende più bella la vita degli uomini, del mondo, della Chiesa. Quindi riscoprire il Vangelo della vita, di una vita piena!








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