2015-10-12 13:59:00

Medio Oriente. Bernardelli: non banalizzare, situazione grave


Ancora violenze in Israele. Una donna palestinese è stata uccisa dopo aver aggredito due persone a Gerusalemme Est. Poco prima, era stato ucciso da agenti di polizia un giovane palestinese che aveva tentato di accoltellare un israeliano. Su questa recrudescenza della violenza, Emanuela Campanile ha intervistato Giorgio Bernardelli, giornalista della rivista “Mondo e Missione” ed esperto di Medio Oriente:

R. – Credo che non si sia ancora capita fino in fondo la gravità della situazione in queste ore a Gerusalemme. Anche le letture forse sono un po’ riduttive. Quando si dice “Hamas contro Israele” si fa un titolo che è molto, molto comodo e che ripercorre un po’ lo schema fisso. Ma in realtà la situazione è molto più grave ed è il risultato, sostanzialmente, di un odio che cova sotto la cenere da troppo tempo e al quale la politica non riesce a dare risposte. Hamas cavalca una situazione. Come nelle precedenti Intifade, non si tratta di un’azione pianificata a tavolino. E’ la classica miccia che da troppo tempo era pronta a incendiarsi e che adesso sta dando vita a un incendio davvero generalizzato e sul quale tutte le forze che puntano sullo scontro stanno mettendo le mani.

D. – Dire "conflitto israelo-palestinese" è riduttivo?

R. – E’ riduttivo puntare il dito sempre e solo su Hamas, che è certamente uno dei fattori che all’interno di questa crisi sta cercando di cavalcare la violenza. Su questo non ci sono dubbi. Ma il problema è che siamo di fronte a un’ondata che è molto più ampia. Non è semplicemente uno scontro tra una delle fazioni palestinesi e l’esercito israeliano. Siamo di fronte a una rivolta generalizzata, siamo di fronte a scontri che sono ormai dei veri corpo a corpo, siamo di fronte a una situazione in cui la gente nei quartieri arabi ha paura di uscire di casa. La psicosi che si è venuta a creare fa sì che il sindaco di Gerusalemme lanci un appello: “Girate armati per difendervi”. E’ una situazione di violenza generalizzata di fronte alla quale c’è un atteggiamento veramente miope della comunità internazionale che, sostanzialmente, sta derubricando questa crisi ad uno dei tanti momenti di tensione a Gerusalemme. Ma non è così. Siamo di fronte a fatti che sono di una gravità mai vista.

D.  – Se poi analizziamo la reazione dell’opinione pubblica, possiamo anche leggervi la delusione per l’attuale leadership politica?

R.  – Scontiamo il problema di un contesto in cui entrambi i popoli, sia Israele sia la Palestina, sono guidati da leadership ormai logorate. Sono leadership che non hanno una visione politica di lungo termine, leadership che non sono in grado di incanalare anche le rivendicazioni politiche in una lotta che abbia obiettivi concreti e perseguibili. Il problema è che quando la politica fa bancarotta, il risultato è un risultato terrificante perché resta spazio solo per l’odio allo stato puro.








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