2015-10-07 12:37:00

Gerusalemme, nuove violenze. Mons. Shomali: è circolo vizioso


Gerusalemme blindata dopo che una donna palestinese di 18 anni ha accoltellato un israeliano, che ha risposto sparando. Entrambi sono rimasti feriti, la donna in modo molto grave. La Città vecchia è stata blindata dalla polizia. La porta di Damasco, uno degli accessi principali, è stata sbarrata. Gli israeliani che si trovavano sulla Spianata delle Moschee sono stati fatti evacuare. Centinaia di agenti presidiano la zona. Della recrudescenza di violenze delle ultime settimane, Fausta Speranza ha parlato con mons. William Shomali, vicario patriarcale del Patriarcato latino di Gerusalemme:

R. – C’è un’accelerazione e una recrudescenza di violenza che non ci aspettavamo. Tutto è cominciato sul Monte del Tempio a Al Aqsa, quando i fedeli ebrei volevano pregare e i musulmani non volevano, volevano impedirglielo, con le feste ebraica e musulmana che hanno hanno coinciso. Allora, la situazione era molto tesa. Dopo c’è stata la morte di una famiglia – il marito, la moglie, il bambino e l’altro che è ancora in ospedale: tutto questo ha messo molto odio nei cuori. Allora, è cominciato un circolo vizioso di violenza, di rappresaglie… Già stamattina una donna palestinese con il coltello ha colpito un ebreo ed è stata subito colpita a sua volta. Siamo in un circolo vizioso e per uscire abbiamo veramente bisogno di aiuto, sia da parte delle grandi potenze che da parte del Signore stesso.

D. – Qual è l’appello della Chiesa?

R. – L’appello della Chiesa è che le due parti facciano uno sforzo e si trattengano, perché la violenza non serve a nessuno! È un appello a tutti, a lavorare, a fare il possibile, a calmare gli spiriti e a pregare. L’appello è rivolto a tutti in egual misura: agli ebrei e ai palestinesi. Questo è il contenuto del nostro appello. L’appello è anche rivolto a trovare una soluzione “radicale” per questo problema, perché non basta che ritorni la tranquillità come era due mesi fa. Noi vogliamo una soluzione radicale, che porti pace, riconciliazione e giustizia nello stesso tempo.

D. – Il Muro, ma anche la questione dei coloni: che cosa dire?

R. – Il Muro non aiuta a trovare una soluzione, così come non aiutano i nuovi insediamenti. Questi impediscono la soluzione dei “due Stati”. Anche gli americani sono scontentissimi per il fatto che si continui a costruire. E Israele deve capire che per arrivare alla pace, bisogna prendere la via della pace. E la via della pace vuol dire prima di tutto fermare la costruzione di nuovi insediamenti o l’estensione di quelli presenti. Non si possono cercare la pace e gli insediamenti, la pace e il muro: sono in contrasto, sono una contraddizione.

D. – La pace si costruisce con la giustizia…

R. – Esatto, “giustizia” è la parola giusta.

D. – A chi chiedere giustizia?

R. – Alle Nazioni Unite, alle superpotenze. E al Signore, che è il più forte di tutti.








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