2015-10-02 16:46:00

Partire dalle aree metropolitane per risolvere le nuove sfide


Presentato a Bologna il primo rapporto del Centro nazionale di studi per le politiche urbane, Urban@it, promosso da ben sette università italiane, sul tema: “Metropoli attraverso la crisi”. Curata dal prof. Marco Cremaschi, con la collaborazione di numerosi altri docenti, la ricerca sceglie uno specifico punto di vista, l’istituzione cioè delle città metropolitane nel momento attuale di crisi economica e sociale, vedendo in esse una possibile soluzione alle nuove sfide economiche, sociali e ambientali e una sollecitazione a ripensare le politiche per un rinnovamento complessivo del Paese. Perché guardare alle città lo spiega al microfono di Adriana Masotti, lo stesso prof. Cremaschi, associato di urbanistica all’Università Roma Tre e docente all’Università Sciences Po di Parigi:

R. – Perché le città oggi possono essere la soluzione ai problemi del Paese: il Paese attraversa una crisi, una crisi economica, ma in generale è una crisi che tutti i Paesi d’Europa - in particolare - affrontano. È una crisi di capacità di governo delle trasformazioni: queste trasformazioni riguardano tutti i cittadini, tutte le condizioni, tutti i settori. Quello che noi sosteniamo come università – la rete di università che sono impegnate – è che le città oggi possono essere la sede dove questi problemi trovano una soluzione; i problemi sono di traffico, congestione, qualità della vita, lavoro, inclusione sociale degli immigrati. Affrontarli a livello nazionale è importante, ma le soluzioni vanno trovate localmente: “localmente” significa in queste nuove città che si stanno creando sotto i nostri piedi: sono le grandi regioni urbane che mettono insieme pezzi di città, di paesi, di quello che chiamavamo un tempo “campagna”.

D. – Le città come possibilità di soluzione anche se proprio nelle città emergono sfide vecchie e nuove in maniera più forte, e lei ne ha citate già alcune….

R. – Nelle città emergono le contraddizioni del nostro mondo, della nostra epoca. La difficoltà che noi vogliamo segnalare è che continuiamo ad affrontare questi problemi come se fossimo ancora in uno Stato ottocentesco organizzato intorno a dei settori verticali - trasporti, l’istruzione e la scuola ecc... - e invece si dovrebbe cambiare il modo di intendere questi problemi, e quindi trovare strumenti nuovi per affrontarli, e capire questo nuovo amalgama che si sta creando. Una grande città intorno a Milano, a Bologna dove siamo oggi, a Torino, Roma, Venezia, e le altre, che è fatta di tanti ambienti insediativi diversi. Qui forse c’è la possibilità di dare valore all’incredibile patrimonio che abbiamo in Italia, e per farle diventare – ripeto – una soluzione ai problemi del Paese. Soluzione ai problemi di inclusione degli immigrati, invenzione di una nuova economia, di equilibrio ambientale e di sostenibilità dell’uso delle risorse.

D. – Ci sono degli esempi, già in qualche modo realizzati, di gestione della città che possono contribuire a livello più globale, nazionale?

R. – Gli esempi sono numerosi e sono raccolti anche dagli organismi internazionali. Habitat, l’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa degli insediamenti umani terrà l’anno venturo a Quito la terza delle Conferenze mondiali sull’ambiente urbano. Le Nazioni Unite e l’Unione europea richiedono ai Paesi di costruire proprio questa agenda urbana. Gli esempi sono quelli che abbiamo sotto mano in questo momento: sono le città italiane che diventano per la prima volta delle nuove istituzioni metropolitane, e finalmente danno spazio a questi problemi che sono di dimensione non solo locale - dentro le città, ma con il territorio circostante. Ma sono anche esempi che ci vengono da fuori. Di come hanno saputo gestire la congestione urbana, il traffico a Londra o a Parigi, con quelle invenzioni brillanti che sono state riprese poi a Milano, piuttosto che il Vélib, le biciclette libere, ormai diffuse anche in molte città italiane. La questione è di ripensare l’insieme delle politiche nazionali in una forma diversa dalla solita, quella gerarchica, che parte dallo Stato centrale e arriva lentamente al locale, e che invece veda un nuovo protagonista nelle città. Le università italiane hanno messo a disposizione il patrimonio di ricerche che già hanno svolto con il sostegno del Ministero della Ricerca. E in particolare sono stati presentati in questa occasione i risultati di tre grandi progetti di ricerca nazionale, uno dei quali riguarda l’immigrazione nei piccoli comuni, un altro il riciclo come paradigma di riuso delle opere pubbliche e del territorio e il terzo le nuove forme di urbanizzazione. L’altro elemento che vorrei suggerire lo ha presentato proprio qui il sindaco di Bologna, Eugenio Merola, dicendo che è necessario un nuovo protagonismo delle città metropolitane italiane che sappiano imporre questa agenda anche al governo nazionale. Io credo che questa sia la sfida di ricucire pezzi di Italia – l’ambiente, il trasporto, l’inclusione sociale, l’identità locale – che al momento rimangono dispersi.








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