2015-10-01 15:20:00

Vescovo Ventimiglia: accoglienza nasce da educazione del cuore


L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati prevede l'arrivo in Europa di1,4 milioni di migranti tra 2015 e 2016. Lo si legge in un nuovo
documento. Nonostante l'aumento dei pattugliamenti navali, soprattutto nel corridoio centrale del Mediterraneo, nel 2015 sono "oltre 2.900 le persone morte o disperse in mare”. Molti inoltre i migranti che, aggiunge il rapporto, a causa dei controlli alle frontiere sempre più restrittivi nelle regioni di origine e transito, "cadono preda di trafficanti”.

E grazie alla mediazione del vescovo di Ventimiglia, mons. Antonio Suetta e della polizia, le 150 persone tra migranti e attivisti dei centri sociali accampati sugli scogli, hanno abbandonato ieri il loro presidio provvisorio,  per recarsi nel vicino centro di accoglienza. Lo scorso giugno i profughi avevano chiesto di poter passare dalla Francia per raggiungere il nord Europa, ma erano stati respinti dai gendarmi francesi. Al microfono di Francesca Di Folco, lo stesso mons. Suetta ci racconta come una giornata di aperta tensione si sia risolta, grazie al dialogo: 

R. – E’ stata una giornata naturalmente molto densa di tensione fin dall’alba. I migranti, insieme agli attivisti, avendo fiutato che sarebbe arrivato lo sgombero, si sono sistemati sulla scogliera in un luogo decisamente precario e assolutamente pericoloso per la loro incolumità. A quel punto la situazione era bloccata perché loro erano senza cibo, senza acqua, senza nulla e tutto un cordone di polizia intorno. C’era il rischio che gli animi si esacerbassero e si potesse arrivare a qualche gesto inconsulto. Sono andato al campo, ho ottenuto il permesso di avvicinarmi. Chiacchierando un po’ con loro ho capito quali potevano essere le richieste minimali rivolte alla tutela dei migranti - insomma che non venissero denunciati e perseguiti per occupazione abusiva - e poi anche ad un atteggiamento di benevolenza nei confronti degli attivisti. Mi sono fatto tramite presso le autorità di queste richieste e verso le cinque del pomeriggio ho accompagnato i migranti e gli altri del presidio a uscire dalla scogliera.

D. – Cosa ha pensato quando ha oltrepassato il muretto e si è seduto tra i migranti?

R. – Ho rivissuto i momenti in cui li ho incontrati nei giorni precedenti. Hanno idee buone, molto genuine, forse per alcuni aspetti idealiste, per altri aspetti eccessivamente critiche e contrapposte. Soprattutto quel contesto di illegalità non consentiva loro di poter presentare adeguatamente proposte e ragioni. Conversando con loro siamo riusciti a capire che con un gesto di distensione, di recupero della legalità e di un giusto dialogo si potesse poi continuare un’opera di servizio insieme agli altri, a vantaggio dei migranti. Sono convinto che sono delle buone forze che possono animare un percorso che sia non solo per affrontare l’emergenza ma per promuovere una cultura dell’accoglienza.

D. – Accoglienza, distensione, dialogo, nel rispetto della legalità…

R. – Questo è fondamentale. Io usavo questo esempio con loro, la differenza fra confine e frontiera: il confine è una cosa buona perché indica l’originalità, la peculiarità di ciascuno, di una comunità sociale e indica nello stesso tempo l’accogliersi reciprocamente; la frontiera invece evoca un’attitudine alla giusta posizione, alla contrapposizione che non può mai essere foriera di bene perché esclude a priori il dialogo. E’ sempre una posizione di forza. Non frontiera in questo senso ma confini umanamente riconosciuti, vissuti e condivisi.

D. – In che modo affrontare l’emergenza immigrazione giorno per giorno, anche alla luce delle parole di Papa Francesco?

R. – L’appello di Papa Francesco accompagni questo necessario cammino, dall’affrontare la situazione immediata di emergenza, che naturalmente deve essere data in termini di carità spicciola, cioè di accoglienza di chi bussa alla nostra porta. Ma poi la vera accoglienza deve nascere su un percorso di educazione del cuore. Quindi non si tratta soltanto di rispondere a delle necessità primarie ma di accettare che gli altri entrino nella nostra vita ed entrino in comunicazione con la nostra vita. Io credo che quello che ha suggerito Papa Francesco, che ogni parrocchia, comunità, accolga una famiglia, abbia proprio questo scopo principale, nel senso che la vicinanza, la condivisione concreta della vita, adagio adagio, educa il cuore, smonta i pregiudizi, dissipa le paure e dà forza alla speranza per costruire percorsi autentici nel rispetto sia di chi arriva e sia di chi accoglie.








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