2015-10-01 14:19:00

Raid russi in Siria: Lavrov annuncia coordinamento con gli Usa


Proseguono i raid dell’aviazione russa in Siria. Colpite alcune aree di Hama e della provincia di Idlib controllate dall'Esercito della conquista, un'alleanza che include diverse sigle jihadiste. I bombardamenti russi sono iniziati, ieri, e secondo Mosca hanno preso di mira postazioni dello Stato islamico ma gli Stati Uniti sostengono, invece, che a finire sotto attacco sia stata l'opposizione al regime del presidente Assad. Il servizio di Marco Guerra:

“A Mosca non risulta che siano stati colpiti civili nei raid dei suoi jet e le voci che indicano che l'obiettivo di queste azioni non era l'Is non hanno nulla di fondato". Lo ha detto il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, smentendo le preoccupazioni espresse dal segretario della Nato Stoltenberg e di un leader dei ribelli siriani secondo i quali i bombardamenti di Mosca non hanno preso di mira il sedicente Stato islamico. Il capo della diplomazia russa ha poi annunciato che "le parti interessate, compresi gli Stati Uniti" saranno informate delle prossime operazioni aeree. Lavrov e il segretario di Stato americano Kerry hanno infatti concordato di voler avviare colloqui tra i comandi miliari dei due Paesi. Intanto il ministero della difesa russo riferisce di altri 8 raid notturni nei pressi di Idlib e Hama. Secondo la stampa araba sono state colpite postazioni di un'alleanza che include il Fronte al-Nusra e vari gruppi islamisti. E sul terreno si segnala un attacco dei ribelli islamici contro le truppe del regime nella provincia centrale di Homs. Ma sul ruolo della Russia in difesa del governo di Assad sentiamo Paolo Branca docente di Storia dei Paesi arabi all’Università cattolica di Milano:

R.  – Temo che Bashar al Assad abbia avuto già due grandi occasioni per guidare una transizione. La prima, quando è succeduto al padre e c’era stata qualche apertura verso la democratizzazione del sistema subito però rientrata. E la seconda, soprattutto, quando ci sono state le prime pacifiche manifestazioni sull’onda della primavera araba. Le ha perse tutte e due e oggi siamo in una situazione catastrofica. La Siria praticamente non esiste più. Ho paura che una persona di questo genere non abbia le carte in regola per poter garantire nulla. Tanto è vero che chiama a gran voce gli amici russi ancora una volta come se non fosse successo nulla negli ultimi 20-30 anni.

D. – Però l’Occidente è rimasto scottato dalle vicende di Saddam e Gheddafi. Se decade il regime siriano cosa può succedere in un quadro così delicato?

R. – Ma temo che siamo all’interno di una ridefinizione persino dei confini nell’area. Per cui qualcuno forse sta spingendo, sperando nella formazione di nuovi Stati magari su base etnico-religiosa. Questo è un lavoro molto sporco che ovviamente comporta deportazioni di massa e addirittura rischia di sfociare in genocidi. Non mi meraviglia che l’Occidente stia da parte e lasci che il lavoro sporco lo facciano gli altri. Però temo che dietro questa posizione ci sia una grossa ipocrisia.

D. - Washington esprime preoccupazioni per l’intervento della Russia e invece Mosca sembra intenzionata ad andare dritta…

R. – Ma ho paura che non ci sia nulla di sostanzialmente nuovo. Come ha detto il Papa è lecito fermare l’aggressore, però mi sembra che tutte le iniziative, anche queste ultime della Francia e della Russia – pare che anche una nave cinese si stia avvicinando -, mi ricordano un po’ l’atteggiamento della Turchia che con la scusa di combattere l’Is, in realtà, colpisce i curdi, musulmani e sunniti, che tra l’altro sono quelli che più coraggiosamente si sono opposti allo Stato islamico. Ho paura che se lì ciascuno interviene per i suoi interessi particolari e non nell’interesse della sopravvivenza, soprattutto della sicurezza della popolazione civile, non andiamo da nessuna parte.

D. – Infatti c’è la Francia, l’America, la Russia, ognuno con il proprio intervento non coordinato e con intenti diversi…

R.  – Credo che ormai le istituzioni internazionali siano screditate e anche le grandi potenze intervengano senza una politica a medio-lungo respiro. Ci sono le elezioni americane che incombono, Putin vuole distogliere l’attenzione dalla crisi ucraina… Insomma, piccoli interessi del breve periodo mentre Paesi interi, come l’Iraq, la Siria, la Libia e adesso anche lo Yemen, rischiano quasi la distruzione totale.

D.  – In questo quadro l’Is intanto continua a controllare vaste aree della Siria e ad attrarre volontari da tutto il mondo. Questo è anche un fallimento delle intelligence occidentali; perché ha ancora questa capacità di attrazione così forte lo Stato islamico?

R. – All’interno di una certa frangia di fanatici millenaristi, addirittura apocalittici, può avere un’attrazione che però paragonerei a quella delle tifoserie calcistiche o di quelli che vanno a fare gli sport estremi. Insomma, una certa percentuale di pazzi al mondo purtroppo l’avremo sempre! No, l’intelligence internazionale non fa assolutamente niente perché credo che si sappia benissimo chi vende le armi all’Is, chi compra un milione di dollari al giorno di petrolio al mercato nero dell’Is, e in realtà non si fa nulla per fermare la spirale del terrore. Probabilmente a molti fa comodo che la situazione rimanga così e si riservano di intervenire quando sul terreno vedranno che le cose sono più favorevoli ai propri interessi.

D. – Malgrado la crisi migratoria, malgrado la situazione sul terreno sempre più drammatica, la comunità internazionale non riesce a trovare una linea che possa far uscire la Siria da questo tunnel…

R.  – Soprattutto è scandaloso l’atteggiamento passivo dell’Europa, salvo queste iniziative estemporanee della Francia, perché se la situazione in Medio Oriente e Nord Africa degenera, chi paga le spese di questo disastro siamo soprattutto noi. Le stiamo già pagando con questa prima ondata di profughi ma potrebbe diventare ancora peggio se questi Paesi non trovano un nuovo equilibrio a partire soprattutto dalla Libia. Anche qui è poco comprensibile come si sia passivi o interventisti ma in modo molto discutibile di fronte a una cosa che riguarda il nostro immediato futuro.








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