Con la Santa Messa, nella Basilica di San Pietro, si è chiuso stamani l’incontro mondiale per giovani consacrati e consacrate dal titolo "Svegliate il mondo!", apertosi martedì scorso. La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal cardinale João Braz de Aviz prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica. Ieri sera momenti di musica, danza e spettacolo si sono alternati a testimonianze di sacerdoti, suore, frati di vari ordini e congregazioni religiose.
La testimonianza di una suora in Afghanistan
Particolarmente toccante, sottolinea il settimanale
"Famiglia Cristiana", è stata la testimonianza di una suora indiana missionaria in
Afghanistan. “Il nostro è un apostolato del silenzio”, ha raccontato suor Annie Puthemparambil,
cottolenghina, originaria del Kerala. “Quando usciamo - ha affermato la religiosa
- dobbiamo sempre spostarci in gruppo e il rischio di attentati è elevato”. “Non ci
è permesso di indossare abiti da suore, né di parlare del Vangelo o anche solo di
nominarlo. Tutto questo però non ci impedisce di far percepire ai fratelli che incontriamo
l'amore di Gesù. Grazie a un progetto che riunisce varie congregazioni ci prendiamo
cura dei bambini con disabilità psichica. E a volte le famiglie si stupiscono: Solo
voi – ci dicono – siete attente ai nostri figli”.
La missione di un cammilliano nella Repubblica Centrafricana
Sulla drammatica situazione nella Repubblica Centrafricana
si è soffermato padre Bernard Kinvi, camilliano, che dirige un convento e un ospedale
nel Nord-Ovest del Paese, sconvolto dalla guerra civile. In questi anni ha accolto
migliaia di profughi e malati, la maggior parte dei quali musulmani. Per questo ha
ricevuto gravi minacce: “Gli esponenti delle varie fazioni in conflitto - ha detto
padre Bernard Kinvi - non accettano che io dia ricovero ai loro nemici: ecco perché
spesso ricevo minacce. Un giorno però ho accolto nel mio ospedale un capo dei ribelli,
gravemente ferito. Era proprio tra quelli che volevano uccidermi. Ha ricevuto le cure
necessarie e, una volta ristabilito, è diventato un uomo diverso. Tutto questo per
me significa incontrare Cristo negli ultimi e nei malati”.
L’incontro con Gesù cambia la vita
E’ una storia segnata da un incontro quella di Adrian
Saouadogo, originario del Burkina Faso, della congregazione dei Padri Bianchi. Nato
in una famiglia islamica, a 21 anni si è convertito al cristianesimo. “Un giorno -
ha detto - mentre tornavo a casa, dopo una lezione di arti marziali, ho sentito qualcuno
che mi chiamava. Era un uomo dalle vesti splendenti. Mi ci è voluto del tempo per
capire chi fosse, ma alla fine ho compreso: era Gesù in persona. Naturalmente per
la mia famiglia la conversione è stata uno shock, anche perché, in quanto figlio maggiore,
avrei dovuto educare all'islam i miei fratelli. Per 18 anni sono stato allontanato
da casa e alcuni esponenti della comunità musulmana avevano addirittura detto a mio
padre di uccidermi. Ma oggi – spiega il sacerdote, che attualmente lavora in un istituto
di formazione islamo-cristiana – qualcosa è cambiato, grazie al potere della riconciliazione.
Recentemente mio padre mi ha detto: 'Di questa storia non capisco quasi nulla, ma
capisco che è una storia guidata dall'alto'”.
Le testimonianze di suor Cristina e di frate Alessandro
Tra le varie testimonianze, anche quelle di consacrati
e consacrate che hanno coniugato fede e arte, come suor Cristina Scuccia, divenuta
popolare dopo la sua vittoria al programma “The voice”. “Non canto mai per me stessa”.
“La mia voce – ha detto la giovane suora orsolina - è solo un modo per far brillare
la grande luce che sento dentro. E in tutto questo il mio fondamento è la congregazione:
quando tremo e mi sento piccola ho bisogno del calore di una famiglia”. Frate Alessandro
Brustenghi, francescano, con una voce da tenore, ha inciso un cd per una prestigiosa
etichetta e ha girato il mondo, “Ma continuo ad anelare - ha ricordato - alla vita
semplice di un piccolo convento”.
La storia di suor Anna
Singolare, infine, la storia di Anna Nobili, cubista
nelle discoteche della riviera romagnola, poi suora nell'ordine delle Operaie della
Santa Casa di Nazareth. "Se quando avevo quindici anni mi avessero raccontato il mio
futuro probabilmente sarei scoppiata a ridere. Non conoscevo Cristo e sentivo dentro
solo una grande solitudine. Poi l'incontro capace di trasfigurare la vita. Appena
entrata in convento pensavo che il ballo fosse una cosa sporca e volevo distaccarmene.
Invece, nel tempo, le consorelle mi hanno aiutato a capire quale grande dono avessi
con me. Oggi vivo e insegno la danza come profondo segno di amore verso Gesù". (A cura di Amedeo Lomonaco)
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