2015-09-18 15:00:00

Gioia e speranza: il card. Parolin sul viaggio del Papa a Cuba e Usa


Nell'imminenza del 10.mo viaggio apostolico di Papa Francesco a Cuba e negli Stati Uniti, cresce l'attesa nei due Paesi per l'arrivo del Pontefice; soprattutto a Filadelfia, dove il Santo Padre incontrerà i partecipanti all'VIII Incontro Mondiale delle Famiglie. Sulle aspettative di questo viaggio in due Paesi che hanno avviato un importante processo di riavvicinamento dopo 50 anni di rottura diplomatica e di duro embargo nei confronti dell'Avana, Alessandro Di Bussolo, del Centro Televisivo Vaticano, ha intervistato il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin:

R. - Sì, è ben nota la posizione della Santa Sede su questo tema dell’embargo, che è una posizione contraria, al di là di quelle che possono essere le motivazioni, esiste un dato di fatto, e cioè che l’embargo, questo tipo di sanzione, provoca disagi, sofferenze nella popolazione che lo subisce. E’ da questo punto che la Santa Sede affronta la questione, e che a livello delle Nazioni Unite, nelle assemblee generali, ha appoggiato sempre le mozioni che chiedono una revoca dell’embargo a Cuba. E quindi c’è da sperare, come dicono i vescovi, c’è da augurarsi, c’è da auspicare, che una misura di questo genere, cioè una liberalizzazione a livello di vincoli e di legami, soprattutto a livello economico, possa portare però anche una maggiore apertura dal punto di vista della libertà e dei diritti umani, un fiorire di questi aspetti fondamentali per la vita delle persone e dei popoli.

D. - Una tappa importante del viaggio a Cuba sarà la visita al Santuario della Virgen de la Caridad del Cobre…

R. - Mi pare normale che il Papa visiti un santuario mariano e un santuario mariano come quello della Caridad del Cobre di Cuba, perché la devozione mariana è una delle caratteristiche fondamentali della religiosità e della fede cattolica del popolo latino-americano e poi perché la Virgen de La Caridad del Cobre ha sempre accompagnato la storia dei cubani, in tutti i suoi momenti, di gioie e di dolori, di lotte, di sofferenze e di progressi, quindi è un po’ il simbolo della sua storia, il simbolo della stessa popolazione, quindi il Papa, andando al santuario incontrerà un po’ il cuore di questa isola e di questo popolo.

D. - Il Papa ha deciso di entrare negli Stati Uniti da Cuba, come un migrante, dicono i  vescovi americani, “per ricordarci che siamo un paese di immigrati”. Sarà questo uno dei temi principali della visita, visto anche quello che sta succedendo in Europa?

R. - Sì, certamente. Immagino che il Papa tratterà appunto come uno dei temi più importanti della sua visita proprio quello della migrazione. Ed è, come lei ricordava, una preoccupazione costante del Papa, di fronte all’emergenza che ci troviamo a vivere in questi giorni. Sappiamo quanti sono i suoi interventi, direi quasi quotidiani, su questo tema. E nello stesso tempo si trova a rivolgersi ad un Paese che ha una lunga storia di immigrazione e nello stesso tempo anche una lunga storia di apertura, di accoglienza e di integrazione delle varie ondate di immigrati che sono arrivati. Mi pare che tutto questo può costituire davvero una base, un patrimonio sociale e culturale a partire dal quale affrontare anche le sfide odierne della migrazione e risolvere i casi che sono dolorosamente aperti. Quindi, io spero davvero che questo incontro da parte del Papa che porta questo problema nel suo cuore e un Paese che ha conosciuto questo fenomeno nella sua storia possa offrire anche indicazioni per la soluzione dei problemi che attualmente si presentano da questo punto di vista.

D. - A Washington Papa Francesco proclamerà santo fray Junipero Serra, missionario francescano che ha definito “padre fondatore degli Stati Uniti”. E’ un invito a recuperare la memoria ispana e cattolica alle origini del grande Paese?

R. - Sì, io credo che sulla Canonizzazione di padre Junipero Serra ci si deve riferire al discorso che il Papa ha fatto il 2 maggio scorso al collegio americano del Nord, quando è intervenuto in quel convegno che voleva essere una specie di preparazione a questa Canonizzazione. Quando lo ha definito uno dei padri fondatori dell’America, in particolare Junipero Serra è ricordato come il "padre della California". Però poi ha detto “è anche un santo della cattolicità”, ed è un patrono della popolazione ispanica negli Stati Uniti, per quanto egli ha fatto per l’evangelizzazione. Mi piace ricordare quello che il Papa ha detto ad un certo punto: “Di queste grandi figure noi siamo soliti passare sotto attenta osservazione sia i pregi sia anche i limiti e le debolezze”. Ma si domandava “Abbiamo noi la stessa generosità che hanno avuto queste persone, abbiamo noi lo stesso slancio, abbiamo noi lo stesso coraggio?”. Ecco, credo che questa è la lezione fondamentale che ci da’ il padre Junipero Serra, questo entusiasmo, questo coraggio, questo slancio per portare il Vangelo in quelle terre e che diventa anche oggi un invito a saper integrare all’interno della Chiesa degli Stati Uniti anche questa componente ispanica che diventa sempre più importante e sempre più rilevante e che ha un notevole contributo da offrire alla Chiesa degli Stati Uniti.

D. - Il Papa visiterà prima il Congresso degli Stati Uniti, poi le Nazioni Unite. Rilancerà il messaggio dell’Enciclica Laudato Sì?

R. - Sì, certamente. Però io direi in questo senso, nel senso certamente dei cambiamenti climatici e delle preoccupazioni che essi stanno generando per il futuro dell’umanità, ma direi anche nel senso di quell’ecologia integrale di cui lui parla, che prende in considerazione l’uomo all’interno del creato. E in questo senso non mancherà di ribadire quella che è la natura trascendentale della persona dalla quale scaturiscono i suoi diritti fondamentali, soprattutto il diritto alla vita e alla libertà religiosa, e inviterà a cambiare i nostri stili di vita per poter essere custodi del Creato come lui dice e non invece dominatori o aggressori del Creato.

D. - Negli Stati Uniti, però, ci sono state alcune critiche, di chi considera l’Enciclica un attacco troppo forte al sistema capitalistico…

R. - Beh, credo che il Papa tocchi i punti fondamentali. Io so che ci sono state queste critiche, però il Papa credo invita tutti alla riflessione, e credo che è realistico rendersi conto che le cose non stanno andando nel verso giusto, quindi trovare anche delle vie di soluzione. Mi pare che il Papa inviti a questo. Ognuno può dare il suo contributo, ma c’è bisogno di un cambio, c’è bisogno di un cambio.

D. - A Philadelphia, Papa Francesco incontrerà le famiglie di tutto il mondo. Sarà l’ultima tappa del cammino verso il Sinodo di ottobre, in ascolto delle famiglie?

R. - Sì, credo di sì. Il Papa ha visto e vede e vive questo momento proprio come un ultimo momento in preparazione anche al Sinodo che si svolgerà in ottobre. Per mettere in luce, e credo che questo emergerà anche dall’incontro di Philadelphia, soprattutto la bellezza della famiglia e il messaggio che il Vangelo offre alle famiglie, l’aiuto che il Vangelo offre alle famiglie. Quindi questo aspetto positivo senza dimenticare anche le grandi sfide che la famiglia pone al mondo di oggi. Sarà davvero una preparazione immediata all’assemblea del Sinodo dei vescovi, ma credo che ci darà, darà a tutti i partecipanti, darà alla Chiesa intera questo nuovo entusiasmo e questa voglia di proclamare il Vangelo della famiglia e nello stesso tempo di aiutare le famiglie che si trovano in qualsiasi genere di difficoltà a vivere questo Vangelo nella sua pienezza che è fonte di gioia, di pace e di felicità per tutti.








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