2015-09-17 10:45:00

Capi delle Chiese di Gerusalemme: non discriminare le scuole cristiane


 Lo sciopero a oltranza che le scuole cristiane stanno conducendo da due settimane contro le politiche discriminatorie attuate nei loro confronti dal governo israeliano rappresenta una battaglia a difesa dell'educazione, “diritto umano fondamentale che non dovrebbe essere negato a nessun giovane”. Così 13 patriarchi e capi delle Chiese cristiane di Gerusalemme inquadrano la lotta intrapresa dagli istituti educativi cristiani che dall'inizio dell'anno scolastico non hanno ancora aperto le scuole ai loro studenti per protestare contro il taglio dei finanziamenti statali disposto dal governo israeliano. “Ci ferisce - scrivono i leader cristiani in un comunicato ripreso dall'agenzia Fides - vedere 33mila studenti di tutte le fedi e confessioni che rimangono fuori dalle classi”, mentre centinaia di docenti e impiegati trascorrono le giornate di mobilitazione nelle scuole vuote.

I tagli del governo hanno causato deficit finanziari alle scuole cristiane
Nel comunicato si fa presente che la battaglia di giustizia contro le discriminazioni delle scuole cristiane è iniziata due anni fa, quando pesanti tagli di bilancio imposti dal governo hanno portato molti istituti scolastici cristiani a versare in una situazione di deficit finanziario. Nel comunicato, le soluzioni finora prospettate dal ministero israeliano per superare la crisi vengono definite irrealistiche o addirittura peggiorative. “Per centinaia di anni” si legge nel testo pervenuto all'agenzia Fides “le nostre scuole hanno offerto educazione di alto livello. Il nostro impegno al servizio dell'educazione e nella promozione della nostra società è radicato nella nostra stessa missione e nella nostra visione”. 

Dal 1948 i contributi alle scuole cristiane diminuiti del 45%
Alla radice della protesta ci sono le restrizioni di bilancio imposte dallo Stato ebraico, che mettono a rischio la sopravvivenza stessa degli istituti educativi animati dalle Chiese e dalle comunità cristiane in Israele. In pochi anni, i contributi pubblici alle scuole cristiane sono diminuiti di oltre il 45%, costringendo gli istituti ad aumentare le rette scolastiche a carico delle famiglie, spesso dotate di redditi bassi, sotto la media nazionale. Le 47 scuole cristiane presenti in Israele sono frequentate da 33mila studenti (di cui solo la metà sono battezzati) e impiegano 3mila insegnanti. I sussidi statali, che fino a qualche hanno fa coprivano il 65% delle rette, sono stati drasticamente ridotti e adesso non coprono nemmeno il 30% delle spese di gestione. 

Sulle ragioni dello sciopero e sulla missione delle scuole cristiane in Israele, nel corso dell'Assemblea plenaria del Consiglio delle conferenze episcopali europee che si è concluso ieri a Gerusalemme, Fabrizio Mastrofini ha intervistato mons. Giacomo Marcuzzo, vicario episcopale del patriarcato latino:

R. - Queste scuole hanno una missione importantissima per la Chiesa, perché noi, essendo solo il 2% della popolazione, senza la scuola non possiamo formare veramente i nostri cristiani e assicurare un futuro alle nostre parrocchie, alle nostre comunità. Queste scuole per anni sono andate avanti bene, con un sistema meraviglioso. Di questo dobbiamo dare atto ad Israele: in questi ultimi anni lo Stato assicurava l’infrastruttura dell’insegnamento ed ogni gruppo, ogni minoranza, ogni fede, poteva educare i suoi addetti secondo quello che riteneva opportuno e che le famiglie credevano opportuno. Secondo me era veramente un piccolo capolavoro storico di educazione. Ma in questi ultimi anni, proprio a partire dal 2009, piano piano ci sono stati dei tagli, delle riduzioni ed oggi riceviamo dallo Stato solo il 29% di cui abbiamo diritto. Le nostre scuole non possono andare avanti in questo modo, perché il resto – quasi il 70% – era coperto dalle famiglie, che nella maggior parte dei casi non sono in grado di coprire questa spesa per i loro bambini. Noi chiediamo che lo Stato ritorni a quello che faceva prima, cioè che ci dia quello che è necessario – come è di diritto, come è decretato qui in Israele – per l’educazione dei nostri figli e per aiutare le famiglie che hanno veramente dato molto all’insegnamento dei loro figli.








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