La comunità internazionale deve rifiutare la cultura relativista che permette a una persona di lucrare su di un’altra, trattandola come oggetto, imponendole il lavoro forzato, o rendendola schiava per ripagare un debito. E’ la richiesta di mons. Silvano M. Tomasi, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite di Ginevra, rivolta ieri alla 30ma Sessione del Consiglio per i diritti Umani dell’Onu. Servizio di Francesca Sabatinelli:
Dobbiamo superare la “globalizzazione della indifferenza” nei confronti di chi viene, a diverso titolo, ridotto in schiavitù. Lo dice mons. Silvano Tomasi alla comunità internazionale, fortemente sollecitata a trasformare questa indifferenza in un “rinnovato senso di solidarietà e di fraternità” .
La schiavitù coinvolge 35,8 milioni di
persone; 5,5 milioni sono bambini
L’Osservatore ripete le tristi cifre già fornite dall’Organizzazione Internazionale
del Lavoro: 35,8 milioni di persone al mondo sono ridotte in stato di schiavitù, 5,5
milioni degli oltre 20 milioni di persone impiegate nel lavoro forzato sono bambini.
A correre i maggiori rischi sono i gruppi di vulnerabili: indigeni, minoranze, coloro
considerati provenire dalle "caste più basse" e migranti, soprattutto irregolari.
I settori “con un elevato rischio di forme contemporanee di schiavitù” sono quelli
in cui troviamo catene di produzione: in agricoltura, nell’edilizia, nell’estrazione
mineraria e nell’industria tessile. Tomasi spiega però che ci sono anche altre forme
di schiavitù, che vanno al di là dello sfruttamento nel lavoro forzato, perché molti
esseri umani, e in maggioranza minorenni, vengono catturati dal mondo della prostituzione,
o vengono trasformati in schiavi del sesso.
Il Messaggio del Papa per la Giornata mondiale
della pace
Tomasi ricorda il messaggio di Papa Francesco per la Giornata mondiale della pace
2015, quando il Papa parla di “donne forzate a sposarsi, vendute in vista del matrimonio
o trasmesse in successione ad un familiare alla morte del marito, senza che abbiano
il diritto di dare o non dare il proprio consenso”. Ed elenca poi le altre forme di
riduzione in schiavitù, sempre citate dal Papa: “per l’espianto di organi, per essere
arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione
o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale”.
Per eliminare il fenomeno occorre una mobilitazione
mondiale
Questo vecchio fenomeno disumano di sottomissione dell'uomo da parte dell'uomo – denuncia
Tomasi, riprendendo le parole di Papa Francesco – affonda le sue radici, oggi come
in passato, in una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla
come un oggetto. “Siamo di fronte ad un fenomeno mondiale che supera le competenza
di una sola comunità o nazione”, ci ripete mons. Tomasi e “al fine di eliminarlo abbiamo
bisogno di una mobilitazione di dimensioni paragonabili a quelle del fenomeno stesso”.
Coordinamento transnazionale contro il
traffico di esseri umani
Occorre quindi impegnarsi a prevenire questo fenomeno, a tutelare le vittime, a lavorare
per la loro riabilitazione psicologica e pedagogica, a perseguire legalmente i responsabili.
Ed ecco quindi che, prendendo esempio dagli sforzi della Chiesa cattolica per contrastare
le moderne forme di schiavitù, “gli Stati dovrebbero garantire che la propria legislazione
rispetti veramente la dignità della persona umana nei settori della migrazione, dell’occupazione,
dell'adozione, nei movimenti delle società offshore e nella vendita di articoli prodotti
da lavoro degli schiavi, alla ricerca delle modalità più idonee per punire coloro
che sono complici in questo commercio inumano”. Oltre che combattere in modo coordinato
le reti transnazionali del crimine organizzato che controlla il traffico di persone
e il traffico illegale di migranti.
All the contents on this site are copyrighted ©. |