2015-09-16 14:15:00

Gerusalemme, torna la calma sulla Spianata delle Moschee


A Gerusalemme sembra tornata la calma sulla spianata delle Moschee, dopo i 3 giorni di scontri tra  polizia israeliana e manifestanti palestinesi registrati fino a ieri sera, in concomitanza con la fine delle celebrazioni del Capodanno ebraico. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, dopo un vertice di emergenza convocato ieri sera, ha esteso le misure straordinarie contro chi lancia pietre e bombe incendiarie in vigore in Cisgiordania al territorio israeliano.  Dal segretario generale della Lega Araba, Nabil el Arabi, giunge la condanna a Israele per  l'escalation di violenze di questi giorni. Araby, in una telefonata al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, ha sottolineato la necessità che il Consiglio di Sicurezza agisca per proteggere la pace e la sicurezza internazionale. "E' importante - ha aggiunto la Lega Araba in una nota - che la riunione del quartetto internazionale, che si terrà il 30 settembre a New York, alla presenza dei ministri degli esteri di Egitto, Giordania e Arabia Saudita e della Lega Araba, porti a risultati tangibili". Ma come vanno letti gli avvenimenti degli ultimi tre giorni sulla Spianta delle Moschee? Elvira Ragosta lo ha chiesto a Maria Grazia Enardu, docente di Storia delle Relazioni internazionali all’Università di Firenze:

R. – La Spianata delle Moschee, soprattutto in coincidenza delle feste ebraiche che vengono celebrate anche davanti al Muro occidentale, che sta sotto alla Spianata, è da mesi – anzi, da un anno – un terreno di scontro continuo. Sia perché gli israeliani impediscono l’accesso ai giovani, soprattutto musulmani, che vogliono andare a pregare, sia perché parecchi ebrei, nonostante questo sia proibito dalla legge, vanno su a pregare. E infatti, recentemente è stato dichiarato illegale un gruppo di donne musulmane che sulla Spianata circondava gli ebrei che pregavano, gridando preghiere islamiche. E’ un punto caldissimo, la Spianata, dentro una città in cui la convivenza tra le due comunità – se si può chiamare convivenza – è ormai diventata impossibile.

D. – Fa discutere questo giro di vite annunciato ieri da Netanyahu, dopo il vertice d’emergenza convocato in serata, sull’inasprimento delle pene per chi lancia i sassi: molte significative per i minorenni e i genitori e modifica delle regole d’ingaggio per i poliziotti …

R. – La legge è già passata ed è – a modo suo – draconiana perché non solo si punisce il lancio di pietre, soprattutto contro i veicoli, con una pena di 20 anni, ma per avere una riduzione l’onere della prova di non aver voluto far male è dell’imputato. Il problema vero di questa legge che ora si vuole estendere a tutto il territorio, mentre prima era focalizzata essenzialmente al West Bank, è che dovrebbe essere usata contro i coloni che lanciano pietre contro i palestinesi, a volte protetti dall’esercito.

D. – L’Assemblea generale dell’Onu ha approvato una risoluzione che consente alla bandiera della Palestina, che è osservatore permanente alle Nazioni Unite, di sventolare sul Palazzo di Vetro …

R. – Dall’Onu arriva un ulteriore segno che forse, passetto dopo passetto, si sta arrivando a qualcosa di più importante, che poi sarebbe una risoluzione – l’ultima bozza pare sia francese – per sbloccare con tempi certi il cosiddetto “processo di pace”. E’ comunque un voto simbolico, anche se di altro significato. Dal Parlamento europeo è arrivata anche una mozione non vincolante, a grande maggioranza, in cui si incoraggia anche l’Europa a spingere per il processo di pace e soprattutto a etichettare correttamente i prodotti provenienti dal West Bank che non è parte di Israele.

D. – Quanto pesa la rappresentatività di Abu Mazen nel contesto palestinese di questi giorni?

R. – Abu Mazen è il presidente dell’Autorità palestinese e dell’Olp e come presidente dell’Autorità è prorogato da anni e anni perché non si sono mai rifatte elezioni. E’ anche vero che è l’ultimo della generazione di Arafat, che dietro di lui c’è una sorta di vuoto; che lui si sente fortemente responsabile degli sviluppi ed è vero che quello che accade in questi giorni – manifestazioni, lanci di pietre eccetera – vede schierati, ognuno a modo suo, israeliani e palestinesi per tirare Abu Mazen nella propria direzione. Questo in vista del discorso che Abu Mazen terrà a fine settembre all’Onu, dove potrebbe fare dichiarazioni importanti. In particolare, potrebbe ridurre o annullare la collaborazione con gli israeliani in tema di sicurezza, ed è questa l’unica cosa che ancora impedisce un’Intifadah vera, oppure addirittura dichiarare di smantellare l’Autorità palestinese, lasciando l’amministrazione agli israeliani e creando, di fatto, uno Stato occupato, governato dall’Olp in modo non ufficiale.








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