2015-09-15 15:00:00

Myanmar: appello card. Bo contro leggi su razza e religione


In Myanmar, la Chiesa si unisce all’allarme lanciato dall’opposizione sulle nuove “Leggi a difesa della razza e della religione” approvate lo scorso mese di agosto dal Parlamento su pressione di frange estraparlamentari buddhiste. Il pacchetto legislativo, voluto dal Comitato per la protezione della nazionalità e della religione (Ma Ba Tha, in sigla), comprende misure contro i matrimoni misti, le conversioni religiose e la poligamia e per il controllo delle nascite.

Il Paese ha bisogno di pace e riconciliazione
Secondo gli attivisti per i diritti umani e i movimenti dell’opposizione, le nuove leggi ledono i diritti e le libertà dei cittadini e potrebbero diventare una nuova arma per colpire le minoranze e i gruppi più emarginati del Paese, in particolare musulmani di etnia Rohingya.  Una preoccupazione condivisa dal card. Charles Maung Bo che, in un messaggio  ai governanti e al popolo birmano in vista delle prossime elezioni parlamentari di novembre, richiama l’attenzione sulla pericolosità delle misure in questione per l’unità del Paese e per il fragile processo di democratizzazione avviato nel 2010. Nel messaggio – riporta l’agenzia Eglises d’Asie - l’arcivescovo di Yangon parla di una nazione “ancora una volta” a un “crocevia, divisa fra speranza e disperazione”, dopo aver vissuto oltre “cinquant’anni di oppressione politica”. “Il Myanmar – ammonisce - non può andare verso un conflitto permanente. Cinquant’anni di agonia bastano. Abbiamo bisogno di pace. Abbiamo bisogno di riconciliazione. Abbiamo bisogno di una identità condivisa e di cui fidarsi, in quanto cittadini di una nazione che nutre speranza”.

Un’offesa agli insegnamenti buddisti e una minaccia alla democrazia
Secondo il porporato, le nuove leggi “sembrano aver suonato la campana a morto” per tutte queste speranze di cambiamento, di unità e di rinascita democratica del Paese. Esse – sottolinea  - sono il frutto della campagna di “odio” di alcuni gruppi radicali che mirano ad “istituzionalizzare ideologie estremiste”, offendendo Buddha e gli insegnamenti di pace, misericordia e compassione del buddhismo. Di qui l’appello rivolto ai leader politici e agli eletti a rivedere queste leggi per scongiurare il pericolo di “altri conflitti nei decenni a venire”.

La vera sfida del Paese è la povertà, non le conversioni religiose
​Il messaggio richiama, infine, l’attenzione sulla vera sfida cui il Paese dovrebbe dare una risposta concreta. Il pericolo più grande – avverte il card. Bo - non sono le conversioni religiose ma “la povertà… che è la religione comune della maggioranza dei cittadini birmani. Il 30% della nostra gente - ricorda - vive in condizioni di povertà, un dato che negli Stati Rakhine (dove vive la minoranza Rohingya) e Chin raggiunge punte del 70%”. “Come nazione - conclude il porporato - è necessaria una vera conversione per questo 30% della popolazione costretta a subire una religione oppressiva chiamata povertà”. (L.Z)








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