2015-09-08 13:51:00

Venezia. L'omicidio di Rabin 20 anni dopo nel film di Amos Gitai


Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia "Rabin, l'ultimo giorno" del regista israeliano Amos Gitai. A vent'anni dall'assassinio del Primo ministro che tentò la pace, il film ricostruisce il clima politico e sociale che portò a quel gesto folle e insensato. Dal nostro inviato a Venezia Luca Pellegrini:

La pace non è soltanto una meta difficile da raggiungere. E' anche un luogo difficilissimo da difendere. E l'omicidio politico è il mezzo più facile, nei Paesi che pur godono di un altissimo grado di maturità civile e dinamica democratica, per compromettere progetti così ricchi di speranza per un rinnovamento degli sguardi di odio, per un cammino di coesistenza. Questo stava accadendo quando il 13 settembre 1993 Yitzhak Rabin e Yasser Arafat compirono a Washington il gesto simbolico di stringersi la mano. Due anni e due mesi dopo, il 4 novembre 1995, la mano del primo ministro israeliano si fermò per sempre, insieme al suo cuore e al processo di pace discusso a Oslo. Al termine di un comizio nella Piazza dei Re d'Israele a Tel Aviv uno studente venticinquenne lo colpì a morte con tre colpi di pistola. E' certo il ventennale di quell'assassinio che ha fatto decidere il famoso regista israeliano, Amos Gitai, a scrivere e dirigere "Rabin, l'ultimo giorno", portandolo in concorso a Venezia, mentre in Israele uscirà proprio nella data della ricorrenza. Ma si capisce anche che il clima generalizzato di sfiducia, i continui avvertimenti bellici, la sospensione di ogni prospettiva compiutamente pacifica e risolutiva della questione arabo-israeliana, ha dettato l'agenda del cineasta facendogli decidere che il mondo non doveva e non deve dimenticare quanto accaduto e quanto è stato perduto con quell'atto insensato.

Fiction e documenti dell'epoca si susseguono per oltre due ore posizionando la morte di Rabin nel contesto politico e sociale che animava in quei mesi Israele, il suo popolo e la sua opinione pubblica. Rabin da circoli conservatori di estrema destra veniva additato come "uno schizofrenico, un megalomane, un traditore". Le immagini delle manifestazioni degli opposti versanti - chi vedeva la vicina fine del conflitto e chi la catastrofe e la resa totale nei confronti della Palestina - insieme a interviste e cinegiornali, si legano in un flusso drammatico alla ricostruzione rigorosa degli interrogatori della commissione d'inchiesta istituita per far luce sull'accaduto, delle riunioni di rabbini che invocano l'eliminazione fisica dell'uomo politico per il bene della nazione.

Si percepisce anche, nella ricostruzione accuratissima, la messa in secondo piano delle teorie del complotto e la marginalità della figura dell'assassino, che pur si dimostra sereno e orgoglioso, perché al centro e al cuore del film si coglie il rimpianto per quando poteva accadere e la forte inquietudine per quando sta, invece, accadendo oggi nella regione più tormentata del pianeta. E che tutti ci riguarda.








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