2015-09-08 14:22:00

Impagliazzo: gesti solidali cambiano percezione su immigrati


Giornata conclusiva a Tirana, in Albania, dell’incontro internazionale tra le religioni organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. Tre giorni di tavole rotonde per cercare un dialogo, così come le vie, per realizzare quella pace che, come dice il titolo del Convegno, “è sempre possibile”. Stasera, dopo le preghiere delle varie fedi e dopo la processione, verrà letto l’appello di pace firmato da tutti i leader religiosi presenti al meeting. L’inviata, Francesca Sabatinelli, ha intervistato Marco Impagliazzo, presidente di Sant’Egidio:

Sono stati tre giorni di incontri e dialogo che hanno permesso alle religioni di uscire dalla propria autoreferenzialità, dai mondi talvolta chiusi e separati in cui vivono, per affrontare le grandi questioni e sfide che la storia di oggi ci pone davanti, prime fra tutte: le guerre e il loro triste e drammatico prodotto, i rifugiati. Marco Impagliazzo, nell’ultimo giorno di appuntamento a Tirana con l’incontro sulla pace, ricorda come lo spirito di Assisi richiami tutte le religioni ad un senso di responsabilità ulteriore:

R. – Lo spirito di Assisi oggi richiama a lavorare di più, con più tenacia, con più audacia e con più coraggio per la pace, per evitare la crisi ambientale e per soccorrere i rifugiati. E’ l’idea di “religioni in uscita”: non più soltanto una Chiesa in uscita, ma “religioni in uscita”.

D. – L’accoglienza è necessaria per affrontare l’emergenza, ma non può essere la risposta alle guerre. Fondamentale, è individuare gli interlocutori giusti per costruire una scelta politica per il Mediterraneo, per Paesi come la Siria…

R. – I nostri interlocutori sono molti, devono essere tanti: sono gli Stati europei ma sono anche i Paesi arabi che poco si sono fatti carico, a mio avviso, della drammaticità della situazione che sta attraversando le loro terre. Ci sono molte divisioni anche al loro interno; poco si è riflettuto anche nel mondo arabo della tragedia che sta avvenendo in Medio Oriente. Dunque noi chiamiamo interlocutori europei, arabi, anche – naturalmente – gli Stati Uniti, la Russia e altri Paesi che hanno interessi nel Mediterraneo. Oggi la pace, secondo me, particolarmente in Siria, è un processo molto lungo che deve iniziare dal congelamento di alcune aree di guerra della Siria perché, come sappiamo, è una guerra pezzi, anche lì, con tantissimi interlocutori e quindi è difficile affrontarli tutti insieme. La nostra idea è quella di congelare parti della guerra della Siria e poi pian piano arrivare a un negoziato di pace.

D. – In un’Italia che si è sempre mostrata divisa sui temi dell’accoglienza, è possibile immaginare che un discorso sulla pace, sulle porte aperte, possa divenire popolare?

R. – Ci vorrà tempo, perché la predicazione dell’odio contro le persone, l’identificazione dei rifugiati con persone pericolose, addirittura terroristi è stata troppo lunga, nel nostro Paese. C’è una grave responsabilità di una parte del mondo politico, ma anche della cultura del nostro Paese, di non aver sviluppato una visione realistica delle questioni, come oggi in altri Paesi europei invece è più evidente. E’ chiaro che il discorso dei rifugiati può essere sempre strumentalizzato a fini politici o – peggio – elettorali. Quello che però a me pare, ed è il vero cambiamento che noi registriamo anche qui, da Tirana, che nell’opinione pubblica un cambiamento è iniziato. Ed è iniziato perché le immagini del bambino curdo, della turista greca che sul motoscafo abbraccia un rifugiato che lei ha salvato in mare, ci fanno capire che il mondo è diverso da come è stato dipinto, e che in realtà l’abbraccio oggi può vincere sullo scontro.

Da Tirana stasera, in chiusura di incontro, si alzerà anche quest’anno l’appello dei rappresentanti di tutte le religioni, un richiamo al mondo intero affinché possa comprendere e accettare che “La pace è sempre possibile”. R. – Lo spirito di Assisi oggi richiama lavorare di più, con più tenacia, con più audacia e con più coraggio per la pace, per evitare la crisi ambientale e per soccorrere i rifugiati. E’ l’idea di “religioni in uscita”: non più soltanto una Chiesa in uscita, ma “religioni in uscita”.








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