2015-09-03 14:18:00

Papa: sacerdoti, spalle forti per portare ultimi e dispersi


Spirito di preghiera e di servizio assieme alla grazia di avere “spalle forti” come quelle di Gesù per portarvi gli ultimi dell’umanità. È questo il profilo che deve avere un sacerdote ha affermato Papa Francesco, nel ricevere in udienza i partecipanti al quinto capitolo generale dei sacerdoti del Movimento Apostolico di Schönstatt. Il servizio di Alessandro De Carolis:

Sulla torre della “contemplazione”, per essere il tramite fra Dio e il popolo, come Mosè sulla riva del Mar Rosso a proteggere i suoi dall’attacco del Faraone. E poi giù, come Cristo, mischiato alla gente e ai suoi bisogni, in cerca soprattutto di quelli “per i quali nessuno spende uno sguardo”. Un prete deve essere così, afferma ancora una volta il primo fra loro.

Liberaci dal carrierismo
Di fronte a Papa Francesco, nella Sala del Concistoro, ci sono i sacerdoti di Schönstatt, appartenenti al Movimento Apostolico fondato da padre Josef Kentenich. Un ramo, quello sacerdotale, di un albero ricco di vocazioni di ogni tipo, istituito per ultimo giusto 50 anni fa:

“Este ser los ‘últimos’ refleja…
Questo essere ‘ultimo’ riflette chiaramente il posto che occupano i sacerdoti rispetto ai loro fratelli. Il sacerdote non sta sopra né davanti o altrove, ma cammina con loro, amandoli con l'amore di Cristo (…) Chiediamo al Signore che ci dia spalle come la sue, forti, per caricarvi coloro che sono senza speranza (...) e per liberarci dal ‘carrierismo’ nella nostra vita sacerdotale”.

Il carisma non va in bottiglia chiusa
L’anniversario a cifra tonda impone uno sguardo al cammino compiuto in forza del carisma. Bene, ribadisce il Papa, il “carisma non è un pezzo da museo, che rimane intatto in una teca di vetro perché sia contemplato e nient’altro”. L’esservi fedeli, il mantenerlo “puro”, “non significa in alcun modo chiuderlo in una bottiglia sigillata, come fosse acqua distillata, perché non si contamini con l'esterno”:

“No, el carisma no se conserva…
No, il carisma non si conserva tenendolo al riparo: è necessario aprirlo e farlo uscire, perché entri in contatto con la realtà, con le persone, con le loro preoccupazioni e problemi”.

Partire dalla realtà, senza paura
Il Papa insiste come sempre davanti ai sacerdoti sul dovere, sull’urgenza quasi, di non estraniarsi dal vissuto della gente. Per questo, ricorda che per un sacerdote al primo posto deve venire “il contatto con Dio”, il “suo primo amore”, e insieme il gusto di una preghiera ricercata e non vissuta in modo “annoiato” o peggio, dice, tralasciata “con la scusa di un ministero impegnativo”. “Dio – esclama a proposito – ci liberi dallo spirito del funzionalismo”. Invece, rilancia citando il fondatore di Schönstatt, bisogna rimanere “con l'orecchio sul cuore di Dio e la mano sul polso del tempo”.

“No hay que tenerle miedo a la realidad…
Non abbiate paura alla realtà. La realtà bisogna prenderla come un bene! La realtà bisogna prenderla come un bene! Come il portiere: quando colpiscono la palla, da lì, da dove viene, cerca di prenderla… (…) Ci sono due diverse orecchie, una per Dio e una per la realtà. Quando incontriamo i nostri fratelli, specialmente quelli che agli occhi del mondo o nostri sono meno gradevoli, cosa vediamo? Ci rendiamo conto che Dio li ama, che hanno la stessa carne che Cristo ha assunto o restiamo indifferenti ai loro problemi?”.

Siate grandi “perdonatori”
Il terzo consiglio del Papa è: “Mai da soli”. Il ministero sacerdotale diventa ancor più bello quando è condiviso, “non può essere concepito – obietta – in modo individuale, o peggio, individualista”. Viceversa, la fraternità “è una grande scuola di discepolato”, osserva Francesco, che conclude con il suo consueto “per favore”: siate dei grandi “perdonatori”.

“A mí me hace bien recordar…
A me fa bene ricordare un frate di Buenos Aires, che è un ‘perdonatore’. Ha quasi la mia età... A volte viene preso dagli scrupoli di aver perdonato troppo. Un giorno gli chiesi: “Tu che fai quando ti prendono questi scrupoli?”. “Vado alla cappella, guardo il Tabernacolo e dico: ‘Signore perdonami, ho perdonato troppo! Però, sia chiaro che il cattivo esempio me lo hai dato Tu!”.








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