2015-09-03 14:30:00

Immigrazione: choc nel mondo per foto bimbo siriano senza vita


Sanzioni per i Paesi che non accettano la quota stabilita di profughi da ricollocare sono allo studio della Commissione Europea, insieme con l'intera proposta di un meccanismo di ricollocamenti intra-Ue permanente, da attivare in situazioni di crisi. La Commissione - fanno sapere i portavoce - è anche impegnata a valutare le scelte della Repubblica Ceca dove la polizia scrive numeri identificativi sul braccio dei migranti. Da Bruxelles interviene anche il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk, per chiedere che siano redistribuiti in Europa al più presto 100.000 profughi. In Ungheria nelle ultime 24 ore sono entrate oltre 2mila persone, sempre in marcia lungo la 'rotta balcanica' e diretti in Germania e altri Paesi del Nord Europa, ma i treni della stazione di Budapest Est restano fermi. Intanto, continua a fare il giro del mondo la foto del corpo senza vita del bimbo profugo sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia. Aveva tre anni e proveniva dalla martoriata città siriana di Kobane, con la madre e il fratello di 5 anni, anche loro annegati. Ma la sua foto è solo emblematica di tutto il dramma che investe i bambini nelle zone di guerra e nelle fughe verso l'Europa. Fausta Speranza ne ha parlato con Michele Prosperi, portavoce di Save The Children Italia:

R. – I migranti che stanno arrivando in Europa attraverso la Grecia sono soprattutto profughi che provengono dalla Siria, l’Afghanistan, l’Iraq; ma ci sono anche migranti eritrei e somali. Tra loro, tantissimi bambini, soprattutto bambini piccoli che viaggiano con i gruppi famigliari, come spesso accade per i profughi siriani che affrontano ora il viaggio su questa nuova rotta. Sappiamo che il 25 per cento circa dei migranti, che stanno attraversando in questo momento la Serbia per raggiungere la frontiera con l’Ungheria, sono bambini - naturalmente i più vulnerabili… – e sono anche molto piccoli. Chi in qualche maniera è sopravvissuto, è riuscito ad arrivare fino a lì e sta proseguendo nel viaggio, è in condizioni fisiche molto precarie: si cammina tantissime ore in condizioni difficili; ci sono problemi anche solo legati alle scottature del sole e che rendono queste persone esauste; problemi muscolari e di disidratazione. E quindi è un’emergenza continua, e possiamo immaginare che siano veramente tantissimi i bambini a rischio in questo momento.

D. – C’è una cifra anche per identificare il dramma dei bambini morti nel Mediterraneo?

R. – Noi sappiamo – purtroppo – che la cifra delle morti nel Mediterraneo cresce ogni giorno: nelle scorse settimane abbiamo accolto - qui in Sicilia nei porti - gruppi di sopravvissuti, aggiornando ogni giorno il conto delle vittime. Vorrei ricordare che in Italia, di tutti i migranti arrivati dall’inizio dell’anno, per il 10 per cento circa si tratta di bambini. Stiamo parlando di più di 11.300 bambini: di questi, 8.000 ormai sono minori non accompagnati, quindi adolescenti che hanno 15-16-17 anni ma anche piccolissimi di 11-12-13, e qualche volta anche di 9…

D. – È immaginabile che, quando i barconi affondano, la proporzione dei bambini presenti, quindi delle vittime, sia simile…

R. – Sì, esatto, la proporzione è sempre questa. Dobbiamo immaginare che è una costante attraverso tutti gli arrivi nel corso dei mesi: per cui rappresenta un’indicazione molto precisa. Naturalmente i bambini e i ragazzini non vengono risparmiati dalla crudeltà dei trafficanti: proprio nei giorni scorsi, qui in Sicilia, abbiamo accolto le persone arrivate su un’imbarcazione in cui la metà erano bambini: c’erano circa 50 minori non accompagnati egiziani. Questi ragazzini ci hanno raccontato di aver viaggiato cambiando tre imbarcazioni; di essere partiti dall’Egitto e di aver viaggiato chiusi dentro la stiva, costretti a pagare per poter uscire e respirare l’aria per qualche minuto… Ci hanno detto che insieme a loro, in quella stiva, c’erano anche madri con bambini piccoli.

D. – Il tutto per fuggire da guerre e anche lì i bambini sono in prima fila tra le vittime…

R. – Assolutamente... Dobbiamo ricordare che, di tutti i migranti arrivati dall’inizio dell’anno in Italia, la maggior parte proviene dalla Siria, l’Eritrea, la Somalia, il Sudan e la Nigeria. Sappiamo, infatti, che anche in Paesi come la Nigeria, dove ci sono aree in cui non esiste un’emergenza immediata di sopravvivenza, ci sono anche delle zone dove sono presenti formazioni ribelli e fondamentalisti; e lo stesso accade anche nel Nord del Mali: si tratta di una minaccia continua per le famiglie e per i bambini. E quindi è questa la realtà dalla quale fuggono. C’è un fatto che mi ha colpito moltissimo: proprio ieri incontravo un ragazzo di 15 anni, originario del Gambia ma cresciuti in Mali, perché suo padre era maliano. “Nel nord del Mali” – diceva – “siamo minacciati tutti i giorni! Mio zio è stato ucciso... E io ho deciso di partire, di scappare e di raggiungere l’Italia”. Il ragazzo ha iniziato il viaggio con il fratello più grande che però è partito prima di lui dalla Libia, perché lui era stato arrestato e chiuso in un centro di detenzione e per essere liberato doveva ottenere i soldi e pagare il riscatto. Mentre era in questo centro ha saputo che suo fratello, nella traversata, aveva perso la vita. Nonostante ciò, dopo essere stato liberato, ha immediatamente cercato anche lui dei trafficanti per poter attraversare il mare. Questo ci dà un’idea di quale sia il livello di disperazione e di quanto la fuga rappresenti l’unica alternativa possibile per un futuro.








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