2015-09-02 14:53:00

70 anni fa la resa del Giappone. Francesco: mai più guerra!


“Mai più la guerra”, è l’appello rilanciato stamani dal Papa al termine dell’udienza generale, ricordando la fine della Seconda Guerra mondiale con l’atto di resa del Giappone, firmato nella Baia di Tokyo il 2 settembre 1945. Il servizio di Roberta Gisotti:

“Il mondo di oggi non abbia più a sperimentare gli orrori e le spaventose sofferenze di simili tragedie”.

Francesco prende atto delle tante guerre che l’umanità ancora sperimenta e che rendono questo appello di dolorosa attualità:

“Questo è anche il permanente anelito dei popoli, in particolare di quelli che sono vittime dei vari sanguinosi conflitti in corso. Le minoranze perseguitate, i cristiani perseguitati, la follia della distruzione, e poi quelli che fabbricano e trafficano le armi, armi insanguinate, arme bagnate del sangue di tanti innocenti. 

Quindi, il “grido accorato”:

“Mai più la guerra!”

Un tema tabù quello delle armi, strumento di morte in ogni guerra, come osserva don Renato Sacco, coordinatore nazionale di Pax Christi, Movimento cattolico internazionale per la pace:

R. – Bisogna riconoscere che Papa Francesco ci mette inquietudine, non ci lascia tranquilli… Ci ricorda in tutte le occasioni che ci sono tragedie, che la guerra poi si fa con le armi e che si è responsabili nel produrle. Se guardiamo a questo mondo – il Medio Oriente, l’Iraq, la Siria, il Nord Africa, l’Africa centrale, e potremmo andare avanti – ci rendiamo conto che le armi sono l’anima perversa che permette le guerre: queste ultime rappresentano poi le fabbriche dei profughi che scappano da noi. E quindi, il Papa sveglia le coscienze – dobbiamo ringraziarlo di questo – e ci chiede di continuare ad impegnarci di più su questo tema.

D. – In genere, si parla di "corsa" al riarmo e di "piccoli passi" sulla via del disarmo. A che punto siamo nell’agenda internazionale dei Paesi grandi produttori e anche dei Paesi acquirenti di armi?

R. – Forse, a parole, sembra che si facciano tante cose… I fatti, invece, sono che le armi sono un grande business! Pensiamo all’Italia: siamo grandi esportatori di armi e le vendiamo a Paesi in guerra. Le abbiamo vendute alla Siria, a Israele, all’Arabia Saudita che le usa per bombardare lo Yemen. E sappiamo come l’Arabia Saudita sia molto legata al sedicente Stato islamico… E quindi abbiamo le nostre responsabilità, assieme ad altri Paesi: i grandi interessi delle armi sono quelli che muovono l’economia e la geografia mondiale. Non ci sono i soldi per la vita, a volte per gli ospedali, per le scuole o per i lavoratori, mentre ci sono, in Italia e nel mondo, tanti ma tanti soldi per le armi...

D. – Il Papa ricorda le minoranze perseguitate: tra queste, i cristiani in tante parti del mondo in fuga dalle guerre, guerre che appunto permettiamo…

R. – Io sono stato come Pax Christi, e anche io personalmente, moltissime volte nel nord dell’Iraq, e in questi Paesi di cui si parla – Erbil, Mosul, Qaraqosh, Qaramless – da dove i cristiani fuggono. Conosco benissimo questi luoghi: per me, quella tragedia nel nord dell’Iraq ha il volto di tanti amici… Però, davvero, abbiamo guardato dall’altra parte, abbiamo ignorato per tanti anni. Poi, abbiamo venduto armi anche lì e oggi le minoranze cristiane, e anche gli yazidi, stanno vivendo un inferno sulla terra. Il non guardare, o l’abituarci a questo, credo sia una grande tragedia. Pensiamo anche a tutti i rapiti – uno per tutti padre Dall’Oglio – ma vorrei anche ricordare la situazione della Palestina, dei cristiani in Palestina, e non solo. In questi giorni, il progetto del Muro, che tocca la comunità di Cremisan, dovrebbe svegliare le nostre coscienze, quelle delle nostre parrocchie e di noi parroci, e portarci a dire: “Ma la nostra pastorale tiene conto di questa situazione? Le nostre catechesi – come fa Papa Francesco – tengono conto delle tragedie di questi nostri fratelli dimenticati, oppressi e vittime di guerre, di tragedie o di epurazione etnico-religiosa?” Forse la risposta è "no", e Papa Francesco ci tira la "giacchetta" su questo.








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