2015-08-31 08:00:00

Manifestazioni Malaysia, opposizione chiede dimissioni Razak


Fine settimana di proteste a Kuala Lumpur, in Malaysia, dove i manifestanti hanno chiesto le dimissioni del primo ministro Najib Razak, accusato di corruzione e di appropriazione di fondi statali per 700 milioni di dollari. Oggi, in occasione della Giornata nazionale del Paese, nel suo discorso ha puntato il dito contro i dimostranti, colpevoli di “scarso spirito nazionale” e di turbare “la serenità di un Paese democratico”. Della situazione Roberta Barbi ha parlato con il prof. Francesco Montessoro, docente di Storia e istituzioni dell’Asia all’Università statale di Milano: 

R. – La Malaysia è senz’altro un Paese prospero e in via di reale sviluppo: negli ultimi 15 anni, ha superato la crisi di fine Novecento, che fu una crisi drammatica, uscendone politicamente abbastanza stabile. La Malaysia è sempre la terza economia dell’Asia sudorientale: è un Paese dalle grandi potenzialità, ma si è avvitata in una crisi. Soprattutto c’è il ribasso dei prezzi dell’energia – del petrolio e del gas naturale – dell’ultimo anno. La Malaysia è il primo produttore energetico dell’Asia sudorientale e ha avuto da questa tendenza ripercussioni negative straordinarie.

D. – Il partito del primo ministro è ininterrottamente al potere dal 1957, anche se per governare alle elezioni del 2013 ha dovuto ricorrere a una coalizione. È possibile, dunque, che si arrivi a breve a una svolta politica, in Malaysia?

R. – Questo è difficile stabilirlo. La Malaysia si regge su un sistema politico abbastanza particolare: è una sorta di federazione di Stati diversi, retti da tante monarchie. Sono i residui del sistema lasciato in eredità dal dominio coloniale britannico. Dal punto di vista etnico, è un Paese che si divide in tre. Più del 50% è composto da malesi che esprimono sostanzialmente un partito, vi è poi un partito cinese e infine un partito che corrisponde alla minoranza indiana. Noi abbiamo una situazione politica che negli ultimi 15 anni è particolare: una grande capacità di mantenere stabile il Paese, esercitata dal partito di maggioranza – l’Umno (United Malays National Organisation), che è etnicamente malese – si è progressivamente indebolita. Questo attuale governo è un governo per certi aspetti fragile sotto il profilo politico. Inoltre – ed è questo l’elemento scatenante della crisi – l’attuale primo ministro, Najib Razak, è accusato di corruzione. Tra i grandi oppositori che chiedono le dimissioni del primo ministro, vi è un ex primo ministro che è stato il capo carismatico del partito malese, Mahatir Mohamad, che dunque appartiene allo stesso partito dell’attuale primo ministro.

D. – Il Paese ha subito un forte deprezzamento della moneta nazionale, il debito pubblico e quelli personali delle famiglie sono alle stelle e le esportazioni in forte calo. I manifestanti, infatti, chiedono anche riforme strutturali…

R. – In realtà, è difficile che si possano verificare a breve trasformazioni significative, anche perché il quadro internazionale è sfavorevole. E poi, bisogna considerare un secondo elemento: che l’opposizione non è affatto un’opposizione in buona salute. Il leader di riferimento dell’opposizione, Anwar Ibrahim, è attualmente in carcere, anche se riesce in qualche modo a fornire indicazioni di linea. Se si potrà effettuare un cambio al vertice con le dimissioni del primo ministro Najib Razak, difficilmente si potrà giungere a un governo diverso da quello attuale, o comunque un governo fondato ancora una volta sul partito malese di maggioranza relativa.

D. – Il governo ha anche oscurato il sito Internet del gruppo di opposizione Bersih. Si profila anche una grave limitazione della libertà d’espressione e d’opinione?

R. – Questa non è una novità: la Malaysia è un Paese a democrazia limitata. Il controllo sulla magistratura, il controllo esercitato sui mass media è da sempre un elemento fondamentale per la conservazione del potere da parte di questa inossidabile maggioranza politica.








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