2015-08-30 13:00:00

P. Charlie dalle baraccopoli: misericordia, connessione del cuore


Padre Carlos Olivera è un giovane sacerdote argentino di 37 anni, amico di Papa Francesco. Vive nelle baraccopoli di Buenos Aires - dove tutti lo chiamano padre Charlie e gestisce un centro di recupero per ragazzi in difficoltà, il Focolare di Cristo. In questi giorni ha partecipato al Meeting di Rimini dove ha parlato dell’impegno della Chiesa tra gli ultimi. Luca Collodi gli ha chiesto cosa possa fare la comunità ecclesiale contro la marginalità:

R. – Nosotros ententendemos que la Iglesia…
Noi pensiamo che la Chiesa, per il fatto di essere diffusa ovunque, abbia la possibilità di fare comunità. Non deve limitarsi ad aiutare con il superfluo dall’alto, semplicemente distribuendo denaro, ma deve fare comunità. E questo già lo fa. La verità è che noi troviamo che queste comunità, che si formano nella marginalità, sono una benedizione di Dio e anche una responsabilità della Chiesa.

D. – Il Focolare di Cristo - dove tu lavori - è stato inaugurato dall’allora cardinale Bergoglio: oggi riesce a fare comunità?

R. – Sì. El problema que nosotros encontramos…
Sì. Il problema che noi incontriamo sono ragazzi e ragazze, uomini e donne devastati dall’esclusione sociale, che si trovano in una situazione di solitudine assoluta. Attraverso l’amicizia, la compagnia, vanno a far parte dei nostri centri e chiediamo loro che aiutino e altri che stanno male. In questo modo tutti facciamo parte della risposta, tutti. Anche chi sembra nelle condizioni peggiori può aiutare un’altra persona. Questa per noi è stata una scoperta bellissima ed è quello che cerchiamo di incentivare in posti diversi.

D. – Voi, dove operate, rappresentate un’autorità religiosa o talvolta vi sostituite anche allo Stato?

R. – La Iglesia està en la villa…
La Chiesa è presente nella baraccopoli da quando è stata fondata. I sacerdoti vengono qui da più di 40 anni. Questa storia, unita alla religiosità popolare della gente, fa sì che la Chiesa nella baraccopoli abbia un posto centrale: tutta la vita passa per la Chiesa.

D. – Nel tuo essere prete è difficile separare la parte spirituale dalla parte politica?

R. – Si entendemos “politica” por politica partidaria…
Se si intende “politica” come politica di partito, noi non facciamo politica di partito. Noi facciamo in modo che ci si prenda cura l’uno dell’altro, promuoviamo la solidarietà, l’ospitalità, tutte cose che hanno a che fare con la nostra fede cristiana: la pazienza, il perdono, tutto ciò che crea una comunità. Non facciamo politica di partito in nessun modo. Tuttavia la costituzione di una comunità incide pure sul bene comune: stiamo tutti meglio. Questa è anche politica, perché influisce sul modo in cui tutti viviamo. Poi, senza trascurare la fede che ha il nostro popolo e che è molto grande, ci facciamo carico di una dimensione profetica, cercando di trasformare le strutture statali della società civile.

D. – E’ possibile dialogare con la criminalità?

R. – Nosotros entendemos que todos…
Noi pensiamo che “in tutti scorra il sangue”. Per questo mi piace molto quello che ci ha detto l’allora cardinale Bergoglio, quando era nostro vescovo e quando ha inaugurato il Focolare di Cristo: “Riceviamo la vita come viene”. Nel nostro Focolare di Cristo arriva gente che ha fatto molto male, arrivano killer, gente che ha procurato molte ferite, e in questo luogo noi cerchiamo di fare in modo che si sentano amati, accolti e che possano anche incontrare Dio e pregarlo. Noi non stiamo con la criminalità, però non lasciamo da parte chi ha sbagliato strada.

D. – Nella tua esperienza di prete che cos’è la misericordia?

R. – La conexión del corazon. El dolor de otra persona…   
La connessione del cuore. Il dolore dell’altra persona, la sua sofferenza, non è estraneo alla mia vita. E’ comprendere che siamo fratelli, che c’è una solidarietà tra di noi molto profonda, che siamo fatti della stessa carne, che siamo fratelli e che il problema che sta attraversando l’altro è anche un mio problema.








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