2015-08-28 07:32:00

Nuova strage di migranti al largo della Libia: forse centinaia di vittime


Nuova  strage nel Mediterraneo. Due imbarcazioni con centinaia di migranti sono affondate al largo della costa della Libia, vicino a Zuwara, e le autorità temono molte vittime: in uno di essi, solo in 200 sono stati tratti in salvo. Altrettanti sarebbero i morti. I migranti sono rimasti intrappolati nello scafo quando la nave si è capovolta. Provenivano dall’Africa sub-sahariana, Pakistan, Siria, Marocco e Bangladesh. Più di 2.300 persone sono morte quest'anno nel tentativo di attraversare il Mediterraneo in nave, mentre erano state 3.279 lo scorso anno (dato Oim). Appena ieri era giunta la notizia di decine di migranti trovati morti soffocati in un tir in Austria. Intanto è approdato nel porto di Palermo il pattugliatore della marina svedese Poseidon, impegnato nell'operazione Triton, con 571 migranti e 52 salme a bordo. Ieri si è svolto un vertice europeo a Vienna. Secondo la Cancelliera tedesca Merkel l’Europa è ricca di risorse ed è in grado di affrontare l’emergenza. L’Alto commissario europeo per la politica estera Mogherini ribadisce che la priorità è salvare i profughi. E il ministro degli Esteri italiano Gentiloni si dice convinto che la consapevolezza nell’Ue stia crescendo. Intanto, è caos in Ungheria dove secondo la polizia magiara, sono 3 mila i nuovi arrivati di cui 700 bambini, 1300 invece in Macedonia. Dal canto suo la Germania, ha anche sospeso l’espulsione dei profughi di nazionalità siriana che secondo l’Onu sfondano quota 4 milioni. La Commissione europea punta a proporre entro la fine dell’anno “un meccanismo permanente, vincolante e con quote” per la ripartizione di chi ha bisogno di asilo.  Per un commento sulla situazione e sulla risposta dell’Europa a questa emergenza Marco Guerra ha sentito Carlotta Sami, portavoce dell’Acnur, l'Alto Commissariato Onu per i rifugiati:

R.  – Siamo di fronte a una crisi umanitaria, non una crisi migratoria, questo è un punto molto importante. Quelli che spesso vengono definiti migranti sono rifugiati. Siamo davanti alla più grande crisi di rifugiati dalla Seconda Guerra mondiale. Sono ben 60 milioni le persone nel mondo che hanno lasciato la propria casa a causa di guerre o violenze. L’86 per cento di queste persone vive nei Paesi in via di sviluppo. Una piccola parte di queste persone sta cercando protezione in Europa. Parliamo di qualche centinaio di migliaia di persone in un continente di oltre 500 milioni di abitanti, l’Europa appunto.

D.  – I fenomeni a cui stiamo assistendo in questa estate sono legati anche alle guerre e alle crisi nel Medio Oriente…

R. – Queste crisi sono strettamente legate soprattutto alla terribile guerra siriana che non trova una soluzione, che ha provocato la più grande popolazione di rifugiati al mondo: oltre 4 milioni di persone sono fuori dal Paese. Iraq, Libano, Giordania, Turchia, Egitto, questi sono i Paesi che accolgono la maggior parte dei rifugiati siriani. Una piccola parte di loro, vivendo in condizioni oramai disperate, arriva anche in Europa. Perché dico in condizioni disperate? Perché purtroppo i programmi di aiuto per questi rifugiati che noi in primis portiamo avanti sono finanziati solo per il 30 per cento. Questo ormai cronicamente da diversi anni.

D. – Oggi a Vienna il vertice tra i Paesi balcanici e i vertici dell’Unione europea. Che risposte vi aspettate da questo incontro?

R. – Il tema dell’accoglienza dei rifugiati è al centro dell’incontro. E’ un incontro che era già previsto per altri motivi. Sappiamo che ormai è chiaro a tutti che un arrivo di rifugiati come quello che sta fronteggiando la Grecia, quindi poi i Paesi che si trovano lungo la rotta terrestre balcanica, non può essere affrontato da singoli Paesi e soprattutto non è assolutamente utile a nessuno affrontare questo problema, questa crisi, erigendo muri o cortine di ferro. Sono migliaia i rifugiati siriani e iracheni che arrivano ogni giorno sulle isole greche. E’ importantissimo che il governo greco crei un sistema di accoglienza che al momento non esiste e che venga dato supporto a questi rifugiati che moltissime volte sono persone disabili, persone ferite dalla guerra, bambini che portano addosso le ferite della guerra, proprio perché molti hanno lasciato la Siria da pochi giorni. Noi siamo presenti da mesi sul territorio greco e abbiamo aumentato molto la nostra presenza e i nostri aiuti e portando supporto alle autorità nell’identificare luoghi dove le persone possono essere accolte, nel prepararle nella maniera più adeguata.

D. - Siete presenti anche nei Balcani?

R.  – Siamo presenti anche nei Balcani: in Macedonia, in Serbia, in Ungheria, in tutti questi Paesi. In queste stesse ore stiamo aumentando anche le forniture di beni di prima necessità. Stiamo indicando alle autorità quali sono le modalità migliori per creare spazi per il riposo dei rifugiati per permettere poi anche ad altre organizzazioni umanitarie di portare la prima assistenza, ripeto, ad un gruppo di migliaia e migliaia di persone che non sono stabili, sono in movimento. E questa è la sfida più grande che abbiamo perché dobbiamo essere in grado di monitorare la situazione e di portare aiuto là dove serve.

D. – La redistribuzione dei richiedenti asilo può essere conciliata con il Trattato di Dublino o vanno rivisti gli accordi europei?

R.  – Si concilia benissimo. L’agenda europea che era stata approvata nei primi mesi dell’estate deve trovare implementazione e anzi ampliamento. Anzi è molto importante che l’Europa porti un piano immediato di intervento per questa crisi umanitaria, risorse immediate e la partecipazione di tutti i Paesi europei, dentro e fuori Schengen.

D. – La Germania accoglierà i profughi siriani e quindi la strada da seguire è quella di Berlino …

R. – Sicuramente la Germania ormai, già da almeno tre anni, sta facendo un grossissimo lavoro per l’accoglienza dei rifugiati siriani. E’ insieme alla Svezia il Paese che accoglie più della metà di tutti i rifugiati. E il passo di sospendere il Trattato di Dublino è un passo estremamente positivo che accelererà l’analisi delle richieste d’asilo per i rifugiati siriani. Ed è un passo che possono fare anche tutti gli altri Paesi perché lo stesso Trattato di Dublino prevede che qualsiasi Paese europeo possa decidere di accogliere le richieste di asilo in deroga al Trattato stesso.

D. – Quindi gran parte della sfida sarà accelerare le operazioni burocratiche per le richieste d’asilo…

R.  – Gran parte della sfida sarà questo, sarà anche approntare strutture idonee all’accoglienza e sarà anche mostrare alla cittadinanza europea che la gestione di questa crisi, che pur sorprende così tanto, è qualcosa di assolutamente fattibile. Ripeto, stiamo parlando di qualche centinaio di migliaia di persone a fronte di un continente che ha una cittadinanza di oltre 500 milioni di persone.








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