2015-08-27 13:53:00

Libia, stallo nei negoziati Onu: Tripoli abbandona colloqui


In Libia il capo delegazione del parlamento non riconosciuto di Tripoli, Saleh Makhzoum, abbandona i negoziati, che avrebbero dovuto riaprirsi questa mattina in Marocco sotto l’egida delle Nazioni Unite. Dopo la mancata firma da parte di Tripoli della bozza siglata a luglio dal governo di Tobruk - quello riconosciuto dalla comunità internazionale - e dalle altre parti politiche che attualmente si contendono il potere in Libia, si fa, dunque, fa sempre più lunga la strada per la formazione di un governo di unità nazionale che stabilizzi il Paese e ponga un freno all’avanzata dei jihadisti legati al sedicente Stato islamico. L'inviato speciale delle Nazioni Unite, Bernardino León, intanto, conferma la sua fiducia sulla possibilità che si formi un governo di unità nazionale entro la metà di settembre e afferma: “l'arma più forte della Libia contro lo Stato islamico è l'unità". La proposta dell’Onu prevede un anno di governo di unità nazionale, in cui vi sia un Consiglio dei ministri, guidato da un premier e due vice, scelti per rappresentare entrambe le parti. Sui motivi di opposizione del parlamento di Tripoli all’accordo, Elvira Ragosta ha intervistato Gabriele Iacovino, analista del Cesi (Centro studi di politica internazionale):

R. – In primo luogo, il riconoscimento da parte della comunità internazionale di un ruolo del governo, del Parlamento di Tripoli, all’interno delle istituzioni libiche, cosa che finora non è avvenuta - e si è totalmente lontani dal raggiungimento di una simile opzione. Inoltre, nel processo di ricostruzione istituzionale, portato avanti dalle Nazioni Unite e da León, il ruolo, appunto, delle istituzioni di Tripoli a maggioranza islamista è finora stato messo in un angolo: non è stato riconosciuto un grandissimo ruolo, in relazione anche a quello che è riconosciuto al Parlamento di Tobruk e al governo della Cirenaica.

D. – L’inviato speciale dell’Onu, Bernardino León, ha sottolineato che in assenza di un accordo l’alternativa è che i miliziani legati al sedicente Stato islamico approfittino ulteriormente del caos libico. Sirte è occupata da gennaio, sembra che i miliziani controllino anche Derna, con l’appoggio di al-Qaeda. Qual è la situazione sul territorio al momento?

R. – Sicuramente questa è una minaccia importante per la stabilità libica. La presenza, comunque, dello Stato Islamico finora è stata circoscritta alla regione soprattutto di Sirte, perché nella regione lo Stato islamico e i sedicenti rappresentanti dello Stato Islamico si sono molto legati a coloro i quali erano i rappresentanti del regime di Gheddafi. E’ un po’ quello che è successo anche in Iraq con i baahtisti, che sono stati la base della nascita e della crescita dello Stato islamico di Baghdad. Situazione un po’ diversa è quella di Derna dove di fatto è in corso uno scontro per il potere tra i nuovi rappresentanti dello Stato Islamico e i rappresentanti dei gruppi storici jihadisti libici, che non vedono di buon occhio lo Stato islamico.

D. – Quali dovrebbero essere, secondo lei, le condizioni politiche per il raggiungimento dell’accordo che porti al governo di unità nazionale?

R. – Finora, rispetto alle posizioni di partenza negoziale, portate avanti anche da León, si sono fatti dei passi in avanti, per esempio mettendo nel negoziato anche le rappresentanze locali, le municipalità, che sono le rappresentanze tribali più importanti su cui si fonda la struttura sociale libica. Finora, però, si è parlato poco di federalismo o, comunque, di una federazione all’interno della Libia, e ancora di meno si è parlato del Fezzan, perché continuiamo a parlare della Tripolitania e della Cirenaica, dimenticandoci totalmente di una parte importante, forse la regione anche più importante della Libia, che  è quella di accesso dal Sahel e da dove stanno entrando tutti i traffici illegali di armi, droga, esseri umani, che continuano a rendere sempre più instabile il Paese. Una strada possibile da seguire è appunto quella di una federalizzazione, nel senso di una divisione del potere all’interno delle varie rappresentanze locali, che è il punto fondamentale su cui poi si vanno a creare gli ostacoli più importanti per il negoziato.








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