2015-08-24 16:37:00

Unesco: distruzione Palmira, crimine contro l'umanità


La distruzione del tempio di Baal Shamin costituisce "un crimine di guerra, e i suoi responsabili dovranno rispondere delle loro azioni". Così il direttore generale dell'Unesco, Irina Bokova dopo le pesanti violazioni nel sito archeologico di Palmira, la città siriana, patrimonio mondiale dell’umanità, occupata dallo scorso maggio dal sedicente Stato Islamico. Solo pochi giorni fa l’esecuzione, da parte dell’ IS, di Khaled Al Asaad, storico direttore degli scavi di Palmira. Giacomo Zandonini ha intervistato l’archeologa Valentina Porcheddu. 

 

R. – Palmira venne scoperta già nel XVII secolo, precisamente nel 1691, da un gruppo di mercanti inglesi provenienti da Aleppo; malgrado un brevissimo soggiorno, si diffusero immagini che provocarono un enorme stupore in Europa. Le rovine che ammiriamo – o meglio che ammiravamo fino a poco tempo fa, prima della presa di Palmira da parte del sedicente Stato islamico - sono quelle che fanno parte dell’area settentrionale della città, di epoca imperiale romana, che è contenuta in una cinta muraria. Queste vestigia appartengono quindi all’apogeo della città ma rappresentano soltanto tre o quattro secoli di una Storia che in realtà è millenaria. E’ una città che conserva anche un certo cosmopolitismo, per esempio, nel suo pantheon religioso, riflesso del suo popolamento ma anche della sua apertura al mondo.

D. – Il tempo di Baal Shamin è stato distrutto proprio negli ultimi giorni da parte dell’Is: che significato ha la distruzione di quest’area piuttosto che di altre? Quale parte aveva Baal Shamin nel sito archeologico?

R. – A Palmira vi era un pantheon che rifletteva tutte le varie componenti di questa città così cosmopolita. Quindi dobbiamo pensare anzitutto che quella dell’Is sia anzitutto un’azione dimostrativa volta a distruggere un monumento che era alla loro portata tecnica distruggere: hanno scelto quel tempio non soltanto perché è simbolo, comunque, di uno degli idoli che l’Is vuole cancellare dalla memoria del popolo siriano, in quanto pre-islamici, ma anche perché era – appunto – un piccolo monumento rispetto agli altri. E un monumento, oltretutto, periferico, e qui entrano in gioco anche altre considerazioni, nel senso che quella è la parte più vicina alla moderna Palmira, dove sono insediate le tribù locali, la popolazione che peraltro vive delle attività legate al sito archeologico. Quindi, non dobbiamo credere che l’archeologia sia per l’Is unicamente un motivo di distruzione, perché l’Is guadagna attraverso il traffico internazionale illegale di reperti, e per fare questo – chiaramente – dà delle licenze di scavo clandestine: questo avviene anche a Palmira. Ed è uno degli altri motivi per cui questo sito è fortemente in pericolo, in quanto la gran parte della città – nonostante quello che si vede sia già ampiamente spettacolare - non è stata ancora riportata alla luce. Quindi, io la vedrei sicuramente come un’azione ancora una volta iconoclasta e ideologica, ma anche come una strumentalizzazione per spostare l’attenzione dagli interessi e dalla strategia economica e politica dell’Is.

D. – Di fronte a tutto questo, la comunità internazionale sembra impotente, sia rispetto ai massacri di civili che continuano, sia rispetto alla distruzione di opere d’arte: è veramente così, secondo lei?

R. – Abbiamo visto come siano state prese iniziative volte a commemorare Khaled Al Assad, l’archeologo ex-direttore proprio del sito di Palmira, decapitato solo qualche giorno fa dall’Is. Ecco, io credo che tutto questo se non retorico, sia piuttosto inutile, perché non sono azioni che possono contribuire alla salvaguardia del sito. Noi archeologi, o comunque noi che ci occupiamo del patrimonio culturale a diversi livelli, anche nella divulgazione, vorremmo che chi ha naturalmente più potere di noi facesse qualcosa di concreto a livello internazionale. Ma naturalmente, sappiamo che le problematiche legate alla distruzione del patrimonio sono conseguenti alla guerra che è in corso in Siria. Alcuni rimproverano l’eccessiva attenzione data alla distruzione dei monumenti piuttosto che al massacro di civili, di bambini: è chiaro che la prima soluzione dev’essere quella che porti a una pacificazione dei territori siriani. Non si sentiva più parlare di Palmira da mesi: anche questo è indicativo. Sembra quasi che tutti si risveglino soltanto quando ci sia uno di questi atti dimostrativi, eclatanti da parte dell’Is. Bisognerebbe spostare il dibattito, riflettere e lavorare. Non possiamo dispiacerci soltanto per non poter più andare a fare una foto-ricordo di fronte al tempio di Baal Shamin …

 








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