2015-08-10 17:25:00

Giovani e sballo mortale: tutta colpa delle discoteche?


Rabbia, dolore, sgomento. E poi l'immancabile circolo vizioso delle sterili polemiche. In quale modo si sarebbe potuta evitare la morte del diciottenne Lorenzo Toma in una discoteca del Salento? Chi avrebbe dovuto impedire che in quel luogo di divertimento, anche estremo, circolassero cocaina ed ecsasy? E' giusto chiudere queste discoteche dopo l'ennesima morte di un ragazzo?

"Quesiti comprensibili e giusti  ma che non aiutano ad andare al cuore vero del problema" spiega, con la calma di chi sa di maneggiare una questione esplosiva, don Michele Falabretti, direttore del Servizio Nazionale per la Pastorale Giovanile della Conferenza Episcopale Italiana. Lui, i giovani, li conosce bene. Sa perfettamente che hanno perso la capacità di divertirsi in modo sano : "I ragazzi che muoino - racconta -, i ragazzi che sballano, ci dicono che non sono più capaci di divertirsi senza passare attraverso l'eccesso. Allora, dobbiamo farci qualche domanda: chi ha creato la cultura dell'eccesso, chi ha creato questa mentalità secondo la quale per divertirsi bisogna sempre andare al di là? Se vogliamo cercare di trovare una soluzione vera dobbiamo ragionare su questi interrogativi".

Arrabbiato con chi invece accusa la famiglia di non essere in grado di educare e sorvegliare i propri figli è Antonio Affinita, direttore del Movimento Italiano Genitori: "Fare il mestiere di genitore - tuona- oggi più che mai è difficile anche per colpa del fatto che la famiglia è sempre più abbandonata a sè stessa. Per questo chi si occupa del divertimento dei nostri ragazzi lo deve fare con scrupolo e serietà. I gestori delle discoteche hanno il compito di sorvegliare, per evitare che fatti simili possano accadere. Non si può lasciare tutto sulle spalle dei genitori".

Un controllo che Affinita spera venga riformulato anche dal governo, perchè così, fa capire, proprio non funziona. " Le nostre forze di polizia - risponde indirettamente Filippo Bubbico, viceministro all'Interno, con delega alla Pubblica Sicurezza - hanno sperimentato e praticato modelli operativi che vengono riconosciuti efficaci dal resto d' Europa. Noi intensificheremo questa attività perché l'allarme suscitato da queste morti non può lasciarci indifferenti". Però poi Bubbico lancia un ammonimento, che deve far riflettere: " Il problema però non si risolve in questo modo. Chi pensa di delgare alla polizia la soluzione di problemi che hanno una dimensione sociale e che coinvolgono anche la perdita di valori non vuole fare i conti con le proprie responsabilità"  Insomma, far recuperare il vero senso della vita non spetta certo ad un poliziotto.








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