Resta alta la tensione in Burundi dopo l’omicidio, avvenuto nei giorni scorsi, del generale Adolph Nshimirimana, braccio destro del presidente burundese Pierre Nkurunziza. “Un delitto grave”, dalle conseguenze importanti, ma imprevedibili, sulla “delicata situazione in cui si trova il Paese”, commenta ad Aiuto alla Chiesa che soffre don Lambert Niciteretse, segretario generale della Conferenza episcopale locale. Ex capo dei servizi segreti, Nshimirimana era, infatti, il responsabile degli apparati di sicurezza ed il capo della milizia del presidente.
Tensioni e proteste proseguono da diversi mesi
Le tensioni in Burundi sono iniziate il 25 aprile
scorso, dopo che il presidente Nkurunziza ha annunciato la decisione di correre per
un terzo mandato, nonostante la Costituzione nazionale limiti la possibilità a due
soli mandati di cinque anni. Numerose le proteste in tutto il Paese; anche la Chiesa
locale ha denunciato l’irregolarità della candidatura di Nkurunziza, tanto che a maggio,
prima delle elezioni legislative, ha ritirato i propri rappresentanti dalla Commissione
elettorale nazionale indipendente.
La Chiesa porta avanti il suo compito, secondo la Dottrina sociale
In una nota ufficiale, i presuli avevano ribadito
che “la Chiesa cattolica non può rendersi parte di un processo elettorale che è visibilmente
non consensuale e presenta delle lacune”. L’episcopato ha quindi mantenuto la sua
ferma posizione: “La Chiesa porta avanti il suo compito – dichiara ad Acs don Niciteretse
– esponendo i principi della Dottrina sociale, anche quando questi non incontrano
il favore dei politici. La verità deve essere proclamata e ciò che non va deve essere
denunciato”.
Allarme per l’esodo dei burundesi
Intanto non si arresta l’esodo dei burundesi che fuggono
a causa dell’instabilità, degli scontri e della repressione messa in atto dal governo.
In decine di migliaia si sono rifugiati in Tanzania, Ruanda e Repubblica Democratica
del Congo. “Alle gravi sofferenze che viviamo - afferma don Niciteretse - si aggiunge
il dolore per i nostri fratelli costretti a trovare rifugio all’estero”.
Appello dei vescovi per la pace ed il rispetto dei diritti umani
L’incertezza e la paura crescono anche a causa di
una mancanza di informazioni: le stazioni di molte emittenti radiofoniche e televisive
private, infatti, sono state infatti distrutte. Un contesto che, conclude don Niciteretse,
rappresenta “un grave limite per la Chiesa, che può veicolare il suo importante messaggio
di pace soltanto attraverso le frequenze di Radio Maria Burundi”. Ma nonostante le
difficoltà, conclude il segretario generale dei vescovi, “continueremo a sostenere
la popolazione, a denunciare la violenza e ad invitare alla pace e al rispetto dei
diritti umani”. (I.P.)
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