2015-08-07 11:59:00

Immigrazione. Cresce "rotta greca". Nicolini: non è "emergenza"


Altri 240 immigrati sono stati soccorsi oggi nel Canale di Sicilia. A Palermo sono stati arrestati 5 presunti scafisti, tre libici e due algerini, riconosciuti dai sopravvissuti del naufragio avvenuto mercoledì scorso al largo della Libia. Le persone salvate dai soccorritori sono in tutto 373, recuperati finora 26 corpi. Intanto, in Grecia si registra il record di arrivi di migranti a luglio: con 49.550 registrati, in un solo mese è stato superato il totale del 2014 (41.700). Da gennaio a luglio 2015 sono 130.500 gli arrivi in Grecia, cinque volte più dello stesso periodo del 2014. Nonostante i flussi verso l'Italia – afferma Frontex - da alcuni mesi la rotta greca è più battuta. Sull’emergenza sbarchi, Alessandro Filippelli ha intervistato Giusi Nicolini, sindaco di Lampedusa:

R. – Noi abbiamo dato un grande esempio a tutti. Per una fase abbiamo salvato la vita e accolto – veramente - per vent’anni: saranno più di 300.000 le persone passate da Lampedusa. E quando leggo di proteste, intolleranze per numeri veramente ridicoli invito tutti a riflettere e a dire: “Ma come ha fatto Lampedusa finora?”. Io mi sono battuta moltissimo per questo! Siamo riusciti a superarla - noi - l’emergenza immigrazione dimostrando che si può governare e gestire, nel rispetto dei diritti umani delle persone che vengono soccorse e ospitate nel nostro centro di accoglienza. Abbiamo ottenuto l’applicazione di principi fondamentali: cioè che il centro non sia sovraffollato – perché le condizioni di sovraffollamento determinano per forza condizioni disumane di accoglienza – che i trasferimenti vengano fatti quindi molto velocemente dall’isola verso gli altri centri della Sicilia e del Paese; quindi diminuendo i tempi di permanenza, perché né Lampedusa né le isole né gli altri luoghi di sbarco possono diventare prigioni. Perché altrimenti soffrono loro e soffrono le comunità.

D. – Come sindaco di Lampedusa cosa chiede alle istituzioni europee per risolvere l’emergenza profughi?

R. – Innanzitutto ammettere con coraggio e senso di responsabilità che quella che viviamo non è un’emergenza! E quindi dobbiamo pianificare, programmare, superare questo modo assurdo di accogliere fondato sui grandi centri di accoglienza, che non hanno veramente senso e che forse sono la causa – vera – dell’intolleranza, del disagio, della sofferenza delle comunità che sono chiamati ad ospitare questi centri. Un modello di accoglienza diffusa – di piccoli gruppi di persone, accolti da piccole comunità, da cooperative di giovani. Questa sarebbe – sicuramente – la soluzione al problema! Non mi pare un obiettivo né impossibile né difficile da raggiungere; ma questo vale per l’Italia e vale per l’Europa.

D. – Gli abitanti dell’isola come vivono il problema e l’emergenza degli sbarchi?

R. – L’hanno sempre affrontato con coraggio, determinazione, molto spesso sostituendosi allo Stato nel fornire beni di prima necessità nell’accoglienza. Oggi, devo dire che siamo riusciti a conquistare una sinergia positiva tra tutti gli enti coinvolti: da quelli che fanno i soccorsi a quelli che fanno l’accoglienza a terra, e anche una partecipazione della comunità più organizzata dentro alle organizzazioni di volontariato. Io – veramente – spero che queste conquiste siano per sempre. Mi auguro che i mezzi di informazione riescano a far diventare notizia anche il superamento dell’emergenza.

D. – E possibile che tra gli arrivati ci siano uomini arruolati nel sedicente Stato Islamico? C’è preoccupazione tra gli abitanti dell’isola?

R. – Sono paure inconsce che vanno razionalizzate. Qui, sicuramente, immaginare che un terrorista possa rischiare la propria vita, insieme a un profugo o richiedente asilo, su quei barconi che a volte naufragano – come in questi giorni abbiamo visto a quindici miglia da Tripoli – è una cosa abbastanza lontana dalla realtà. Il terrorismo è qualcosa di organizzato, pericoloso. Non credo che possano affidare loro disegni criminali a un viaggio della speranza.








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