2015-08-05 12:49:00

Mosca rivendica sovranità su una vasta area del Polo Nord


La Russia ha chiesto all’Onu il riconoscimento delle propria sovranità su oltre un milione di chilometri quadrati nella regione dell’Artico. Si tratta di una zona strategica per la ricchezza di giacimenti di gas e petrolio, già reclamata anche da altri Paesi come Canada, Danimarca, Norvegia e Stati Uniti. Sulle ragioni strategiche di Mosca, Eugenio Bonanata ha intervistato Fulvio Scaglione vicedirettore di Famiglia Cristiana:

R. - Mosca ha tante ragioni per cercare – per usare un termine militaresco – di sfondare sul fronte Nord. In questo momento, anche strategicamente, c’è l’obiettivo di creare una sorta di diversione rispetto alla pressione che Mosca subisce ai confini, in primo luogo, con l’Ucraina. E poi naturalmente ci sono ragioni anche molto più concrete che riguardano i commerci, riguardano il gas, il petrolio.

D. – Qual è il valore strategico di questa richiesta?

R. – Il valore strategico sta nel fatto che il Polo Nord, a causa del surriscaldamento climatico, comincia ad essere apprezzato, almeno in linea teorica, come una nuova rotta soprattutto verso l’Asia, la stessa rotta che si fa con molti voli aerei. Quindi, questa è già una prima connotazione, visto che tra l’altro la Russia, a causa dei contrasti con l’Occidente, sta stringendo rapporti economici commerciali sempre più forti con l’Asia e con la Cina in particolare. Inoltre, c’è una questione anche di prospettiva. Gli esperti sanno che il 30 per cento del gas e il 15 per cento del petrolio non ancora esplorati, non ancora estratti, stanno sui fondali appunto del Polo Nord.

D. – Poi c’è la sfida con gli Stati Uniti e con la Nato in particolare…

R. – Prima, l’unico Paese Nato presente al Polo Nord era la Norvegia, che è la prima linea a Nord della Nato nei confronti della Russia; poi sono arrivate anche altre rivendicazioni, in particolare quella del Canada e quella della Danimarca. Sono tutte rivendicazioni, compresa quella russa, un po’ particolari, perché il Polo Nord viene rivendicato non in base alla superficie di ghiaccio o di acqua, ma in base al fondo, al fondale, che in alcuni casi si può estendere anche molto oltre la competenza marina dei singoli Stati.

D. – Ma a chi è affidata la gestione di questi territori?

R. – La gestione di questi territori non ha un affidatario particolare, ma appunto ha diversi Paesi che la rivendicano in base all’estensione del fondale marino, inteso come proseguimento del territorio emerso. Per esempio, la Danimarca rivendica una parte del territorio – chiamiamolo così – del Polo Nord, in base al fatto che la Danimarca stessa controlla già la Groenlandia e il fondale continentale della Groenlandia si estende verso il Polo Nord in maniera significativa. Questo è il criterio con cui le competenze vengono assegnate, ma per ora ci sono più richieste che competenze già assegnate.

D. – Sullo status del Polo Sud, invece, c’è un accordo maggiore in seno alla comunità internazionale?

R. – Diciamo che sullo stato del Polo Sud c’è un disaccordo uguale, ma un interesse internazionale molto minore. Sul Polo Sud ci sono anche qui molte rivendicazioni territoriali. Per esempio, la rivendicazione dell’Argentina, che si sovrappone in parte consistente ad analoghe rivendicazioni del Cile e della Gran Bretagna. Ci sono rivendicazioni dell’Australia, del Brasile. Avanzano quindi queste dispute senza però poi che vengano seguite con una forte azione politica. Tra l’altro, la presenza internazionale al Polo Sud è in via di riduzione nelle diverse basi. Famiglia Cristiana, ma anche altri giornali, hanno raccontato la storia, per esempio, del sacerdote che dovrebbe rientrare dal Polo Sud, perché la comunità dei fedeli si è ridotta. Questo è un piccolo aneddoto, un piccolo episodio solo per dimostrare appunto che l’interesse nei confronti del Polo Sud è in via di riduzione.








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