2015-08-05 14:45:00

Convegno nazionale del diaconato a Campobasso


Sono 4.220 i diaconi in Italia, più di 1.500 sono i candidati. Una presenza capillare sul territorio - solo cinque diocesi ne sono sprovviste - cresciuta soprattutto al Sud e al Centro. A riflettere sul tema “La famiglia del diacono, scuola di umanità”, si ritrovano a Campobasso, da oggi a sabato prossimo, diaconi, famiglie, sacerdoti, vescovi, giornalisti per il XXV Convegno nazionale del diaconato. Antonella Palermo ha intervistato Enzo Petrolino, presidente della Comunità del Diaconato in Italia, e l'arcivescovo di Campobasso Giancarlo Maria Bregantini:

D.- Enzo Petrolino, ci spiega il carisma del diacono?

R. – Il diacono è una figura ministeriale che fa parte del clero, voluta dal Concilio Vaticano II. E’ colui che rende presente nella Chiesa la diaconia di Cristo, quindi il servizio, che è appunto il fondamento della vita cristiana. Cristo stesso ha detto: “Io sono venuto a fare il diacono del Padre, non per essere servito, ma per servire”. E’ dunque una figura di ponte tra il popolo di Dio e la gerarchia.

D. – Mons. Bregantini, lei interviene con una relazione sul tema: “Maria, icona della famiglia e del diacono”: in talune circostanze immagino che questa figura – quella del diacono – abbia esercitato un ruolo fondamentale nel tenere coesa una comunità parrocchiale …

R. – Abbiamo scoperto quanto sia prezioso un diacono accanto a un presbitero che può avere alcune difficoltà relazionali, problemi di natura socio-affettiva: affiancare un diacono che ha la sua famiglia, la sua stabilità umana e anche morale, a un sacerdote in un momento particolare, si è rivelato estremamente prezioso!

D. – Molti non conoscono a sufficienza la funzione del diacono e credono che sia una sorta di “mezzo prete”, mi passi il termine: è così?

R. – Sì: questo è l’errore che è nato per tante cose. Un po’ per alcune iniziative non corrette, ma anche perché i presbiteri non l’hanno saputo spiegare adeguatamente. Quando, invece, si spiega che i doni che la Chiesa dà ai diaconi sono cinque, che permangono però anche nella vita di ogni prete, di ogni vescovo, se ne scopre la bellezza: i doni che lui riceve sono questi: appartenenza, questa terra che lui riceve in dono e che deve amare e servire, lui la deve servire con un cuore casto, limpido e generoso. A questa comunità lui annuncia il Vangelo, cioè il mandato missionario. In questa comunità dà preferenza ai poveri, ai piccoli e agli ultimi lavandone i piedi. E infine, per questa comunità prega in una intensa preghiera di intercessione, tutti i giorni.

D. – Enzo Petrolino, come si diventa diaconi?

R. – Noi abbiamo, ovviamente, un problema che va affrontato seriamente, ed è quello della formazione e del discernimento. E qui gioca molto il problema delle spose: infatti, non si diventa diaconi se non c’è il consenso della moglie. E’ necessario che ci sia anche la partecipazione dei figli, perché cambia lo “stato” del papà, che diventa chierico: non è più laico. Il problema della formazione adesso è affidato agli istituti superiori di scienze religiose; però tenga conto che ormai ci sono alcune diocesi che non hanno più istituti superiori di scienze religiose. Quindi credo che oggi il discorso della formazione vada ripensato: non possiamo, infatti, avere diaconi soltanto tra i pensionati e i disoccupati!

D. – Il ruolo del diacono, come si concilia con i doveri familiari?

R. – Credo che non sia limitante per le famiglie, anzi: è un’apertura delle famiglie diaconali ad altre famiglie. E soprattutto oggi, quando parliamo di famiglie ferite, credo che una presenza della famiglia del diacono in queste realtà sia preziosa davvero. E oggi è una carta da giocare per non far rinchiudere il diaconato nelle sagrestie o soltanto nelle liturgie: noi dobbiamo uscire fuori …








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