2015-07-30 14:43:00

Rapporto Svimez: economia Sud Italia peggiore della Grecia


Per il settimo anno consecutivo il Prodotto interno lordo del Sud Italia è negativo. E’ quanto emerso oggi nella presentazione del rapporto Svimez, secondo cui il divario di Pil procapite tra le regioni del Sud e quelle del Centro-nord è tornato ai livelli del 2000, mentre a livello europeo l'economia del Sud, tra il 2001 e il 2004, ha fatto registrare un andamento peggiore a quello della Grecia. Il servizio di Elvira Ragosta:

E’ un Paese sempre più diviso e diseguale l’Italia fotografata dal "Rapporto Svimez 2015" sull’economia del Mezzogiorno, con un Sud che scivola sempre di più nell’arretramento. Il 2014 si è chiuso col segno meno per il Pil di tutte le regioni italiane, ma è di oltre un punto percentuale il divario tra il Prodotto interno lordo delle regioni del Centro-nord, -0,2%, rispetto a quelle del Mezzogiorno, -1,3%. Gli effetti della crisi al Sud si fanno sentire con prepotenza: una persona su 3 è a rischio povertà, il 62% guadagna meno di 12mila euro l’anno e il tasso di occupati nel 2014 nel Mezzogiorno è sceso ai livelli del 1977, con segnali di piccolo miglioramento solo nell’ultimo periodo dello scorso anno e a pagare di più, anche in questo settore, sono le donne e i giovani. Sono tre milioni e mezzo, infatti, i giovani che non studiano, non lavorano e non seguono corsi di formazione. E incrociando i dati a livello europeo, se dal 2008 al 2013 il Pil è aumentato del 3,6% nell’area Euro, la valutazione a parità di potere d’acquisto vede una crescita al Sud Italia equivalente solo a un quinto di quella delle regioni deboli dei nuovi Stati membri dell’Unione. La riflessione di Adriano Giannola, presidente della Svimez:

R. – È un problema italiano, anche delle regioni del Nord. Le regioni del Nord stanno meglio, ma stanno molto male. Il Mezzogiorno è l’emergenza! Il problema è una strategia nazionale di ripresa dello sviluppo, e in questo il Mezzogiorno ha fortissime potenzialità che da solo non potrà mai sviluppare. Purtroppo oggi non vediamo nessun disegno, nessuna strategia. Ci vuole una politica! Ci sono i fondi strutturali, che devono essere orientati rispetto a degli obiettivi e integrati alle opportunità: le opportunità per il Mezzogiorno sono i suoi vantaggi comparati in termini di energie alternative, di economia verde, della logistica a valore... Ora, queste non sono "cose meridionali": sono cose che l’Italia o le utilizza o perde.

D. – I dati sono preoccupanti soprattutto per le donne, i giovani, che soffrono maggiormente la crisi nel Sud Italia. Allora, che consiglio dare ai giovani soprattutto, sia a quelli che lasciano le Regioni meridionali sia a quelli che vi fanno ritorno dopo magari un periodo di studio o di lavoro fuori?

R. – Il dramma è che c’è un effetto selettivo: chi lascia è chi può lasciare, e in genere è di un certo ceto sociale, di una certa educazione; e non è un problema di mobilità. La mobilità è un grande valore, ma se c’è un’andata e un ritorno, e se magari c’è anche qualche andata dal Nord che viene al Sud. Io sfido chiunque a dire che questi fenomeni, ai quali assistiamo da dieci anni - 600.000 giovani saldo netto di emigrazione, 50% laureati: questi non tornano se possono! Poi, se saranno disperati anche al Nord forse torneranno, ma il dramma è questo! E se intanto poi stiamo smantellando le università e se favoriamo questi processi senza creare alternative per un rientro o per non farli partire, non diamo opportunità a nessuno di restare.








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