2015-07-29 14:28:00

Santa Sede appoggia accordo contro dazi doganali: aiuta i Paesi poveri


La Santa Sede appoggia l’accordo siglato in questi giorni da una larga maggioranza di Paesi dell’Organizzazione Mondiale del Commercio per eliminare i dazi doganali su oltre 200 prodotti tecnologici. Secondi gli esperti si tratta di una intesa che determinerà l’abbassamento dei prezzi, la creazione di nuovi posti di lavoro e il rilancio dell’economia a livello globale. Ascoltiamo il commento di mons. Silvano Maria Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu di Ginevra, al microfono di Sergio Centofanti:

R. – E’ un passo in avanti, perché favorisce i Paesi più poveri a partecipare in maniera efficace al mercato mondiale.

D. – C’è la volontà dei Paesi più ricchi di farlo entrare in vigore?

R. – E’ un cammino lento. Mentre la firma di questi accordi è universale, per la sua ratifica servono addirittura degli anni…

D. – Il Papa, nell’ultimo viaggio in America Latina, ha detto che un altro sistema economico è possibile, un’alternativa umana è possibile. Si può cambiare - dice - questa economia che uccide...

R. – Mi pare che Papa Francesco insista, giustamente, sul fatto che l’economia di mercato abbia bisogno di avere delle regole, di mettere dei limiti, in modo che non vi siano quegli eccessi, che sono poi a scapito di categorie di persone o di Stati. L’economia deve essere al servizio della persona e non le persone al servizio dell’economia. Per cui - per esempio - il mercato finanziario non può essere semplicemente speculazione in modo che l’economia reale ne soffra; anche il mercato finanziario deve essere messo al servizio dell’economia reale. E’ un cammino complicato e ci sono interessi di Stati o interessi di categorie di persone che tentano di bloccarlo.

D. – A volte si accusa la Chiesa di avere una posizione anticapitalista…

R. – Non è questione di anticapitalismo. L’economia di mercato ha dato dei buoni risultati, però quello che si vuole dire è che non basta l’economia di mercato in se stessa: c’è anche lo Stato che ha un ruolo da giocare in questa economia, mettendo delle regole in modo da facilitare un equilibrio sociale sempre più efficace.

D. – Quali sono i Paesi che più bisogna convincere per ratificare questi accordi?

R. – Ci sono delle tensioni tra i Paesi più ricchi – quelli dell'Unione Europea, gli Stati Uniti, la Corea del Sud, il Giappone – da una parte e c’è poi la novità dei cosiddetti Brics – Cina, Brasile, Russia, India, Sudafrica – che hanno un potere politico ed economico molto significativo. Si tratta di creare degli equilibri tra i Paesi sviluppati, i Brics e i Paesi più poveri e trovare una strada che limiti sempre di più il gap che esiste tra questi Stati.

D. – Pensando all’Italia, alla posizione dell’Italia anche nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, vediamo questa gravissima crisi che sta attraversando il Paese: come far ripartire l’Italia?

R. – L’Italia è basata sulla piccola e media impresa e questa caratteristica può diventare una grande risorsa per rilanciare il benessere per tutto il Paese. Per fare questo occorre, però, che ci sia una facilità di accesso alle banche, che l’economia finanziaria non si chiuda sulle speculazioni, ma si metta invece al servizio della realtà concreta del Paese, di queste piccole e medie imprese, per facilitarne la produttività e quindi l’assorbimento e l’impiego di più persone. Certo è che la politica entra nel facilitare lo sviluppo dell’economia, per cui non bastano promesse, non bastano slogan: bisogna entrare veramente nel concreto, facilitare quelle forze sane del Paese che non solo sono produttive, ma danno anche la possibilità a nuove generazioni di persone che cercano lavoro di trovarlo.








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