2015-07-28 13:23:00

Siria. Patriarca Giovanni X: vogliamo rimanere nella nostra terra


“La nostra regione è in grande difficoltà, sull’orlo della disperazione, ma noi, cristiani ortodossi, non siamo disperati. Nonostante la nostra sofferenza, siamo determinati a rimanere nella nostra terra, sappiamo dove è il nostro futuro. Abbiamo un grande ruolo da svolgere per la guarigione delle ferite e la ricostruzione”. Con queste parole il patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente Giovanni X si è rivolto negli Stati Uniti alla Convention della Chiesa ortodossa di Antiochia all’indomani dell’appello lanciato a Roma da papa Francesco per la liberazione di padre Paolo Dall’Oglio, e dei due vescovi ortodossi rapiti il 22 aprile del 2013 da un gruppo di uomini armati vicino ad Aleppo, la città nel nord della Siria. Si tratta dei vescovi Youhanna Ibrahim e Paul Yazji, fratello del patriarca Giovanni X. 

Il grido di dolore del patriarcato di Antiochia
“Abbiamo Metropoliti e sacerdoti che sono stati rapiti da più di due anni, in un silenzio internazionale sospettoso e vergognoso”, ha detto il patriarca. “Abbiamo sacerdoti, monaci, suore, persone e martiri il cui unico crimine è quello di mantenere vivo il cuore del cristianesimo. Noi rimaniamo nella nostra terra perché siamo sempre stati lì”. Le parole del patriarca Giovanni X pronunciate negli Stati Uniti e rilanciate all'agenzia Sir dal patriarcato di Antiochia sono un grido di dolore.

Nel dramma siriano il patriarca chiede aiuto agli Stati Uniti
“Mentre il conflitto sta infliggendo il terrore su tutti, una delle principali vittime è la comunità cristiana in Siria e in Iraq e anche in Libano”. Il patriarca da voce all’esodo continuo di milioni di cristiani da Siria e Iraq, parla degli sfollati “in cerca di un riparo per se stessi e le loro famiglie”. “Centinaia di persone sono state uccise. Decine di nostre chiese sono state saccheggiate e distrutte. Migliaia e migliaia di nostre icone e manoscritti sono stati bruciati, o venduti sul mercato illegale”. E aggiunge: “Noi non siamo nati per essere rifugiati in terre straniere. Non siamo fatti per essere umiliati”. “Nonostante la nostra sofferenza, la nostra volontà è forte, la nostra determinazione è assoluta. Noi restiamo nella nostra terra e svolgiamo un ruolo di primo piano nel futuro della regione. Ma per fare questo abbiamo bisogno del vostro aiuto. Abbiamo bisogno dell’aiuto degli Stati Uniti, e degli altri amici e potenze di tutto il mondo, per aprire canali di dialogo, mettere a tacere i tamburi di guerra, e dare al nostro popolo la possibilità di un futuro”.

Dialogo, convivenza, progresso culturale: punti di riferimento anche per il futuro
​“Uniamo le nostre teste e i nostri cuori e agiamo con urgenza per fermare il vortice di genocidi e massacri di massa; lavoriamo insieme per ricostruire i pilastri della convivenza religiosa - conclude il patriarca - e della nostra comune umanità. Il dialogo, la convivenza, e il progresso culturale sono stati i nostri comuni punti di riferimento nel passato. Continueranno ad esserlo oggi e in futuro. Il luogo di nascita delle grandi religioni del mondo sta cadendo a pezzi. Oggi grida aiuto, non solo perché ne ha bisogno, ma perché lo merita”. (R.P.)








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