I vescovi della provincia canadese di Saskatchewan, hanno messo in guardia i fedeli sulla gravità di una possibile approvazione della legge sul suicidio assistito e eutanasia, attualmente allo studio del Parlamento. In una lettera pastorale i presuli ribadiscono la preoccupazione già manifestata dalla conferenza episcopale canadese, nel maggio scorso, sull’impatto che questa legge potrebbe avere sulle persone più vulnerabili della società - gli anziani, i malati terminali e chi è affetto da disabilità fisica o mentale - e sugli operatori sanitari, che potrebbero vedersi costretti ad agire contro la propria coscienza.
Eutanasia: omicidio camuffato
Nel testo, i presuli si dicono turbati dalle implicazioni etiche, morali e sociali
che questa legge potrebbe avere. “Eufemismi come ‘assistenza medica a morire’, ‘morte
assistita’ , e ‘morire con dignità’ - si legge- mirano solo a camuffare il fatto che
l’eutanasia altro non è che togliere deliberatamente la vita a una persona e che il
suicidio assistito fornisce intenzionalmente a una persona le conoscenze e gli strumenti
per suicidarsi”.
Eliminare una vita non è la risposta alla sofferenza
I vescovi ricordano che, sebbene ci siano tanti pazienti che rifiutano trattamenti
medici che ritengono troppo pesanti, dare un farmaco per alleviare il dolore non è
eutanasia, perché l’intento è di ridurre la sofferenza e non di accelerare la morte,
tantomeno di “uccidere il paziente” come si propone invece con il suicidio assistito
e l’eutanasia. “Eliminare la vita non è la risposta giusta alla sofferenza”, affermano
i presuli che indicano come alternativa la promozione delle cure palliative di un’adeguata
assistenza al fine vita.
Garantire l’obiezione di coscienza
Nel ricordare che la Chiesa cattolica promuove la sacralità e la cultura della vita
in cui ogni essere umano deve essere protetto e ogni persona si sente responsabile
della cura e del benessere degli altri fino alla morte naturale, i vescovi di Saskatchewan
esortano quindi i fedeli a “reagire con coraggio alle sfide poste dalla sentenza
della Corte Suprema alzando la propria voce in difesa della vita e della dignità
delle persone, specialmente le più vulnerabili”. Essi li esortano segnatamente a
sollecitare il Governo federale a un’ampia consultazione per assicurare che la nuova
legislazione sia il più restrittiva possibile, a chiedere leggi che assicurino il
rispetto del diritto all’obiezione di coscienza degli operatori sanitari che non possono
accettare l’uccisione di una persona come una soluzione al dolore e alla sofferenza.
Coinvolgere le comunità religiose nel dibattito
Nel pronunciamento della Conferenza episcopale del Canada di maggio scorso, i vescovi
avevano chiesto al Ministro della giustizia di essere inseriti insieme alle altre
comunità confessionali tra gli organismi consultati dal Governo nell’ambito della
nuova legge sul suicidio assistito, sia per garantire la tutela della vita e la salute
dei cittadini, sia la libertà di coscienza degli operatori sanitari. Inoltre, avevano
chiesto di essere informati sulla data d’inizio della consultazione popolare, indetta
dal governo, per l’approvazione del progetto legge. (A.D.)
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