2015-07-22 13:56:00

Libia: nessuna rivendicazione sui quattro italiani rapiti


In Libia due ordigni sono esplosi oggi a Derna, zona in cui sono attivi un gruppo affiliato ad al Qaeda ed i miliziani del sedicente Stato islamico. Al momento non si hanno notizie di eventuali vittime. Cresce intanto la preoccupazione per i 4 tecnici italiani rapiti nel Paese. Il presidente italiano, Sergio Mattarella, ha dichiarato che il sequestro rappresenta “una ferita aperta”. Nel mirino – ha aggiunto – non è solo l’Italia, ma qualunque Paese che si batta per la civiltà.

Al momento, sul sequestro dei 4 italiani, non è giunta ancora nessuna rivendicazione. Il governo libico di Tobruk, riconosciuto a livello internazionale, assicura l’avvio di indagini. Il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha affermato che non si può escludere alcuna pista, neanche l'ipotesi di un tentativo di scambio con scafisti detenuti in Italia. Secondo una fonte d’intelligence, i tecnici potrebbero essere stati rapiti a scopo di estorsione da una delle tante bande di criminali che imperversano in Libia. Marina Tomarro ha intervistato Luciano Ardesi esperto di Nord Africa:

R. – In mancanza di una rivendicazione precisa, è difficile dire chi sono stati gli autori di questo rapimento e, come sappiamo, da tempo il quadro dalla Libia è molto confuso. La Libia è un Paese oggi diviso, politicamente e territorialmente. Ci sono molte bande di milizie che agiscono e ognuna ha una sua caratteristica, una sua identità, tanto è vero che è risultato difficile trovare un accordo, malgrado tutti gli sforzi delle Nazioni Unite. L’ipotesi che oggi viene accreditata è quella che i rapitori siano stati membri di una banda di trafficanti di esseri umani, che sono a loro volta intrecciati con le reti dei terroristi più marcati politicamente, quindi tutta la galassia Is, al Qaeda e i movimenti islamisti.

D. – Cresce il timore che i rapiti possano essere ceduti nelle mani dell’Is. Potrebbe succedere?

R. – E’ possibile che questo avvenga, ma questo avviene normalmente anche tra trafficanti, il che naturalmente complica poi le trattative, perché bisogna ogni volta risalire a nuovi gruppi, a nuovi interlocutori.

D. – Quanto l’islamismo in Libia è avanzato?

R. – L’islamismo è avanzato in maniera dirompente dopo la caduta di Gheddafi. Sappiamo, però, che non è riconducibile ad un unico movimento, ma appunto ad una galassia di movimenti, che si rifanno ad ideologie anche diverse. Dieci giorni fa in Marocco, a Skhirat, attraverso la mediazione dell’Onu, è stato raggiunto un accordo – l’ennesimo accordo – per ricomporre un governo e possibilmente uno Stato unitario. Ma in questo accordo è venuto meno proprio il governo di Tripoli, quello egemonizzato dai movimenti fondamentalisti, che non hanno accettato il compromesso.

D. – La comunità internazionale, secondo lei, in questo momento cosa potrebbe fare per questi uomini?

R. – Sicuramente, come in altri casi di questo genere, è necessario risalire alle fonti del rapimento, cercare di trovare degli interlocutori validi, credibili. Poi, naturalmente, c’è il problema di organizzare uno scenario stabile in questo Paese e questo sarà un lavoro certamente su tempi molto, molto lunghi.

D. – Il governo di Tobruk ha assicurato il suo appoggio e il massimo impegno per la liberazione dei quattro rapiti…

R. – In questo momento, il governo di Tobruk è impegnato anche contro la rete dei trafficanti di uomini. Si trova, quindi, in una situazione delicata. Sicuramente, le dichiarazioni sono state dettate anche dal desiderio di confermare la propria posizione a favore della stabilizzazione del Paese, della fine delle scorribande delle bande armate e anche della fine del traffico di migranti verso l’Europa. L’efficacia del governo sul territorio libico, sappiamo, è molto limitata e sicuramente il governo controlla solo alcune zone del Paese. Quindi, bisognerà vedere in quale zona si sono stabiliti i rapitori dei quattro italiani e dove si trovano adesso.








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