2015-07-21 17:32:00

Mancinelli e Villalta sul dibattito poeti ed editoria


A metà giugno sulle pagine di Avvenire Alessandro Zaccuri avviava un dibattito, poi ripreso da più di un quotidiano, con l'articolo: "E l'editore disse: la poesia è finita". Ci torniamo su anche noi ospitando i poeti Franca Mancinelli e Gian Mario Villalta. La domanda è: mancano i poeti pubblicabili oppure gli editori sono pigri?

"Le voci dei poeti ci sono eccome! Il problema è, da una trentina di anni a questa parte, l’assenza di una critica capace di far fronte a questo numero di poeti, capace di indicare le voci più rappresentative, di guidare il lettore in questo panorama vastissimo", così Franca Mancinelli, classe 1981, inserita in Nuovi poeti italiani 6 (Einaudi, 2012), e già alla sua seconda raccolta con Pasta madre (Aragno, 2014). "I poeti sono abbandonati in realtà, un po’ persi in questo paesaggio che sembra desertico e invece non lo è. La poesia sta patendo quello che un po’ tutte le arti di ricerca stanno soffrendo in questo periodo. Tutto quello che richiede un momento in più di riflessione attivo, partecipe è lasciato a se stesso, alla sua forza. Forse i poeti sono ormai delle piccole tribù che resistono e che non si accontentano di distrarre o divertire l’altro ma che invece ci portano a contatto con l’esperienza della bellezza, l’inaspettato, la meraviglia della nostra esistenza". 

Scatta la citazione di Brodskij: “Una società che non è capace di leggere o ascoltare i propri poeti abdica al proprio potenziale evolutivo”. Cosa c'è dietro la restrizione degli spazi dedicati alla poesia? "Un arresto della nostra crescita culturale, un impoverimento della nostra civiltà", denuncia Mancinelli. "Agli editori manca forse la volontà di rischiare. Di fronte al grosso numero dei poeti, essi finiscono per non leggerli, non li cercano. Eppure proprio questa sarebbe la forma, l’espressione adatta agli anni che stiamo vivendo, la brevità". Franca è insegnante precaria, spesso negli istituti professionali: "A scuola mi accorgo sempre più che il lavoro sulla parola è centrale ed è quello che coinvolge tutte le altre discipline. Bisogna richiamare i ragazzi a fermarsi dinanzi alla parola e ad ascoltare tutto quello che porta con sé. In fondo i poeti sono alberi sotto cui poterci riparare e da dove possiamo guardare il mondo; sarebbe un peccato perderli". 

Gian Mario Villalta, direttore artistico di Pordenone Legge (prossima edizione 16-20 settembre): "Siamo ad un passaggio epocale, abbiamo una crisi editoriale generale e c'è tanta confusione. La poesia, che è la più sensibile nel rapporto lingua/comunicazione, lingua/voce, è stata la prima forma che ad andare in crisi e la prima per la quale forse si profila qualche soluzione. Il fatto è che ci sono poeti di valore ma non c’è riconoscimento sociale. La poesia sta scomparendo ed è un danno tremendo, ma risorge in mille iniziative dal vivo che in Italia hanno un tessuto rizomatico molto forte. L’editoria, che per stare in piedi deve vendere i libri, sta inseguendo il destino di tutti gli altri prodotti - conclude Villalta - e sta trattando la poesia come una merce al pari di un sofficino o una merendina".








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