2015-07-14 12:33:00

Turchia, al via i colloqui per il nuovo governo


Primo turno di colloqui, ieri in Turchia, per cercare di formare un governo dopo il voto del 7 giugno. Per la prima volta, dopo 13 anni, il partito Akp del presidente Erdoğan e del premier incaricato, Davutoğlu, ha perso alle urne la maggioranza assoluta. Gli ultimi colloqui di coalizione nel Paese risalgono infatti al 1999. Sceso al 40%, il partito Akp deve confrontarsi con le altre tre formazioni elette, fra cui il partito filo-curdo Hdp, nato nel 2014 ma forte di un inatteso 13%. Al microfono di Giacomo Zandonini, la riflessione della ricercatrice Lea Nocera, dell’Università Orientale di Napoli:

R. – In queste consultazioni, il presidente del Consiglio, Davutoğlu, incontra ogni giorno uno dei tre partiti: prima il partito dei kemalisti ("Chp" - ndr), poi il partito ultranazionalista "Mhp", e infine il cosiddetto partito filo-curdo, che è quello che rappresenta il reale elemento di novità all’interno del parlamento all’indomani di queste elezioni politiche. È difficile prevedere quale sarà la futura coalizione: l’unica cosa che sembra esclusa è una eventuale coalizione tra il partito dell’Akp, che era al governo, e il partito filo-curdo dell’Hdp.

D. – La questione curda rimane centrale sia a livello nazionale che a livello internazionale per la Turchia…

R. – La situazione a livello nazionale dei curdi è diventata simbolo di una questione che riguarda una serie di minoranze, che non sono solamente etniche, ma anche religiose, linguistiche, ecc. Quindi, la questione curda è paradigmatica, al di là del ruolo già importante che aveva all’interno della società turca. In più, diventa anche molto significativa per lo scenario che c’è nella regione: la Turchia ha il conflitto ormai in casa propria. La questione curda, all’interno e all’esterno, è ormai diventata una cosa unica, e il governo dovrà tenerne conto, anche per evitare che dei conflitti si esasperino. Una delle speranze del nuovo governo, una volta che si formeranno le coalizioni, è che si presti molta più attenzione alle minoranze. Questo viene ribadito, ci sono poi diversi nuovi deputati che appartengono loro stessi a delle minoranze – e anche questa è una novità abbastanza significativa all’interno di questo parlamento. Sarà quindi un tema importante e all’ordine del giorno della nuova politica di governo.

D. – Dunque, se l’Hdp dovesse essere escluso dal nuovo governo, non c’è un rischio effettivo per il processo di normalizzazione in corso tra governo e diversi movimenti curdi?

R. – È chiaro che questa sarebbe un’altra linea di governo. Però, rispetto per esempio al tema delle minoranze, anche il partito kemalista ha fatto una serie di dichiarazioni e lo ha fatto diventare un suo proprio tema. È chiaro che se l’Hdp venisse escluso dalla coalizione di governo, questo significherebbe che ci sarebbe una coalizione forte, formata dall’Akp, dai kemalisti e dagli ultranazionalisti, non molto duratura.

D. – Rispetto sempre agli equilibri geopolitici della zona, la Turchia effettivamente svolge un ruolo fondamentale, di cerniera fra Oriente e Occidente. C’è in gioco anche un cambiamento di questa dimensione, di questa politica estera turca, tradizionalmente improntata al “buon vicinato”?

R. – La cosiddetta politica dei “zero problemi con i vicini”, non è stata del tutto – anzi forse per niente – di successo, perché su quasi tutti i confini oggi c’è una situazione di conflitto. Nell’area mediorientale, la Turchia continua a rappresentare, nonostante tutto, uno dei punti di stabilità. Credo che questo sia un elemento molto importante e di cui anche la Turchia è consapevole. Il problema, oggi come oggi, per la Turchia è dato dalla Siria.








All the contents on this site are copyrighted ©.