2015-07-14 08:00:00

Etiopia: al via conferenza internazionale su finanziamento sviluppo


Si è aperta ieri ad Addis Abeba in Etiopia, la terza Conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo, e che si concluderà il prossimo 16 luglio. L’incontro, che vede la presenza di capi di Stato e di governo, tra cui il premier italiano Matteo Renzi, è una tappa fondamentale per definire gli strumenti e le risorse finanziarie necessarie per sconfiggere la povertà, secondo il nuovo quadro degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, che verrà adottato a fine settembre a New York dalle Nazioni Unite. Ascoltiamo il commento di Sergio Marelli presidente del Cisa, Comitato italiano sovranità alimentare raccolto da Marina Tomarro:

R. – La terza conferenza è stata convocata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per fare il punto su quanto fissato ormai quindici anni fa nella prima conferenza di Monterey. Un’agenda importante degli obiettivi al tempo stesso ambiziosi, però purtroppo ancora oggi non pienamente realizzati. Una tre giorni di conferenza importanti per fare il monitoraggio e il punto della situazione sul dove si è arrivati, e, al tempo stesso, per riassumere degli obiettivi, riconcordare delle azioni comuni da intraprendere nei prossimi anni.

D. – Cosa si potrebbe fare di concreto secondo lei?

R. – Innanzitutto non si può dimenticare l’annosa questione della carenza di risorse destinate allo sviluppo. Ci sono degli obiettivi molto chiari, che la comunità internazionale ha fissato quali “necessari” per finanziare un adeguato sviluppo dei Paesi impoveriti del Sud del mondo – ricordiamo per tutti lo 0,7% del Prodotto interno lordo di tutti i Paesi ricchi – obiettivi che sono necessari, appunto, per garantire a questi Paesi di poter intraprendere una via per uscire dalla miseria e dalla povertà. Ma, al tempo stesso, non bisogna dimenticare un investimento anche per gli stessi Paesi ricchi, perché solo investendo contro la povertà e la miseria, si potrà sradicare il terrorismo, garantire maggiore stabilità e un futuro di pace per tutti: anche per noi e non solo per i Paesi del Sud del mondo.

D. – L’obiettivo è quello di alimentare le politiche di sviluppo per il 2030: secondo lei questa data è fattibile?

R. – Penso che bisogna distinguere tra il piano teorico e quello più pragmatico: da un punto di vista teorico è fuori dubbio che quindici anni sono più che sufficienti - anzi sarebbero già stati sufficienti quelli passati - per raggiungere gli obiettivi concordati e le azioni che si sono già definite nel corso delle due precedenti conferenze. Purtroppo, invece, sul piano pragmatico, bisogna essere un po’ più cinici: guardando al passato sembrerebbe che la volontà politica - soprattutto dei governi dei Paesi ricchi - di porre in atto le azioni e le politiche concrete e coerenti per raggiungere questi obiettivi, resti la grande assente dal tavolo dei negoziati.

D. – Il ruolo dell’Italia, secondo lei, quale potrebbe essere?

R. – Intanto c’è un segnale importante: finalmente - non sempre è stato così - il capo del governo si recherà personalmente a questa conferenza. Mi aspetto che la partecipazione del presidente del Consiglio segni veramente un cambio di rotta da parte del nostro Paese. Purtroppo restiamo ancora il fanalino di coda dei Paesi sviluppati per quanto riguarda le risorse messe a disposizione per finanziare lo sviluppo e le strategie, le azioni e le politiche che sono state concretizzate negli anni per aiutare questi Paesi del Sud del mondo a sconfiggere miseria e povertà.








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