2015-07-13 19:04:00

Grecia: accordo per 80 miliardi. Eurogruppo studia prestito ponte


Tre giorni per approntare le prime riforme. La Grecia, dopo il faticoso accordo europeo su un nuovo piano di aiuti da oltre 80 miliardi, deve ora lavorare velocemente per votare in Parlamento il programma proposto. Intanto, L'Eurogruppo sta valutando come concedere al Paese ellenico un primo prestito ponte da 12 miliardi di euro per il fabbisogno finanziario immediato e la riapertura delle banche. Ma il partito di Tsipras, Syriza, si spacca e annuncia un voto contrario, mentre il malcontentosi fa strada anche nel Paese. Il servizio di Paola Simonetti:

Ora la parola passa al Parlamento. La Grecia dopo il drammatico negoziato con l’Eurogruppo per un accordo sul salvataggio economico del Paese, deve approvare velocemente le prime riforme, con il partito del premier Tsipras, Syriza spaccato e i cui oltranzisti annunciano un voto contrario al piano di aiuti. Il malcontento si fa strada anche nel Paese: stasera manifestazione in piazza ad Atene di cittadini contrari all’accordo. Circa 86 i miliardi ottenuti dal Paese ellenico di cui la cancelliera tedesca Merkel ha annunciato 25 saranno destinati alla ricapitalizzazione delle banche elleniche.

In cambio la Grecia ha accettato il ritorno dei controlli della Trojka ad Atene, la reintroduzione dei licenziamenti collettivi, il rialzo dell’Iva e il taglio delle baby pensioni. Approvato anche un fondo di asset greci, a garanzia del debito con sede ad Atene e non in Lussemburgo, come inizialmente richiesto. Dal canto suo l’Eurogruppo sta studiando come concedere alla Grecia un prestito ponte da 12 miliardi per  il  fabbisogno finanziario immediato e permetterle così la riapertura delle banche. Un’opzione questa che il ministro dell’Economia italiano Paodan, si augura sia condivisa da tutti i paesi, almeno da quelli dell'Eurozona".

In defiitiva, il governo Tsipras ha accettato condizioni più dure di quelle che gli erano state prospettate nelle precedenti proposte. Fausta Speranza ne ha parlato con Francesco Saraceno, direttore della Scuola di politica Economica Europea della Luiss: 

R. – E’ così! Inevitabile se si considera – diciamo così – l’arretratezza politica della scelta che ha fatto Tsipras di convocare il referendum. Tsipras rappresenta un governo ed una élite politica che non ha consapevolezza delle implicazioni dell’interdipendenza all’interno dell’area monetaria dell’euro e con quel referendum ha creato una divaricazione incolmabile. L’accordo che è stato imposto a Tsipras è una evidente dimostrazione che nessuno si fida più di lui, neppure i francesi… L’esito probabile di questa imposizione incredibile e senza precedenti è una crisi del governo Tsipras e la formazione di un governo di unità nazionale in Grecia. Si tratterà di vedere se questo sarà sufficiente per tranquillizzare gli altri 18 Paesi dell’Eurozona.

D. – Il problema è stato anche che Tsipras ha fatto promesse ma non presentava poi i numeri, le cifre per attuare davvero le riforme. Ora c’è una scadenza precisa. E’ possibile che davvero la Grecia ce la possa fare?

R. – Questo è difficile dirlo adesso. Certamente la Grecia ha giocato la solita partita politica di fare proposte mai precise, senza però rendersi conto che dentro l’Eurozona e dentro l’Unione Europea governare vuol dire avere una consapevolezza delle conseguenze che una scelta o una non scelta ha o avrà per gli altri Paesi e per gli altri popoli dell’Eurozona. La Grecia è ancora dentro una logica troppo nazionalista: non ha una classe politica di rilievo e quello che è successo oggi è l’esito di una sfiducia nei confronti della Grecia. Tsipras ha tre giorni per cercare di salvare il proprio Paese dal baratro dell’uscita dell’Eurozona. Non so se ce la farà… Certamente siamo in molti a sperare che riesca a farcela!

D. – Borse e mercati corrono dopo mesi di preoccupazione…

R. – Certamente! I mercati finanziari si basano, anch’essi, sulla fiducia e sul fatto che l’Unione Europea - con tutti i suoi difetti - e l’Eurozona nello specifico, alla fine sia in grado di trovare un accordo e di trovare un ragionevole compromesso tra interessi diversi. Questa è la prima nella storia dell’Eurozona ed uno dei casi rarissimi nella stessa storia dell’Unione Europea in cui questo compromesso non è facile da raggiungere. Quindi i mercati sono spaventatissimi e di qui la fibrillazione che si sta avviando e che diventerà molto, molto alta, se Tsipras non sarà in grado nei prossimi tre giorni di trovare una soluzione alla sfiducia che c’è nei suoi confronti.

D. – Uno dei punti veramente cruciali è stata questa sorta di ipoteca su beni culturali e isole: lo possiamo definire così questo fondo? Doveva essere a Lussemburgo, ma Tsipras – anche con l’appoggio dell’Italia – ha ottenuto che sia ad Atene, però l’ipoteca c’è…

R. – Certamente c’è l’ipoteca e quell’ipoteca è un esempio tipico della sfiducia. I Paesi del Nord, in particolare, non credono che la Grecia sia in grado di restituire anche una sola parte dei finanziamenti che eventualmente le sarebbero trasferiti. Creare quel fondo è proprio la dimostrazione anche del grado di umiliazione in cui la Grecia è giunta e non soltanto per la durezza dei Paesi del Nord, ma per la sua stessa incapacità di capire l’implicazione del governare all’interno di questo contesto. L’Italia sta facendo un buon lavoro di mediazione, ma bisogna fare di più! Bisogna riformare l’Eurozona, perché non si può andare avanti con un diktat dei Paesi del Nord e – diciamo – una furbizia dei Paesi del Sud. Dobbiamo andare verso una convenzione, una conferenza da organizzare – secondo me qui a Roma - perché si formi davvero una Eurozona con carattere politico.








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